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Vinicio impiegò quaranta secondi per entrare nel cuore dei tifosi del Napoli

Segnò al Torino allo stadio Collana. Era devastante, aveva la dinamite nei piedi. Rivalità e gelosie minarono il tandem con Jeppson

Vinicio impiegò quaranta secondi per entrare nel cuore dei tifosi del Napoli

In quaranta secondi, nello stadio sulla collina ed era settembre una domenica pomeriggio, in quel Napoli degli anni Cinquanta, l’azione fulminante del primo gol di Vinicio. Avversario il Torino.

La palla al centro, il tocco invitante del brasiliano ad Amadei che passa a Castelli, il mediano che lancia in avanti, Vinicio si fionda, sfonda tra Grosso e Bearzot, e dal limite dell’area avversaria, terra-aria parte il missile a palla del brasiliano che piega le mani al Rigamonti portiere. Un vulcano lo stadio sulla collina.

Squassava le reti il brasiliano squassante di Belo Horizonte. Ruggiva in campo il leone. Il tiro potente, la dinamite nei piedi. Non giocava il gioco dei brasiliani artisti gioiosi di un calcio ballato. Vinicio era giocatore tuonante, stopper e terzini abbattuti, impressionante la forza nei contrasti più duri. Alla folla del Vomero regalava l’urlo del gol. Il pallone, dardo fiammeggiante. Devastante la corsa di cavaliere con gli speroni. Cedeva la morsa delle difese, arrese davanti al cavaliere dirompente.

Quel gol fulminante fu l’inizio di una appassionante avventura. Lauro prese Vinicio dal Botafogo per 50 milioni, la metà di quel che aveva speso per Jeppson.

Vinicio doveva andare alla Lazio, opzionato dal presidente Mario Vaselli, costruttore. Lauro, che era anche sindaco, convinse Vaselli a lasciare il giocatore al Napoli affidando al costruttore romano il rifacimento di Piazza Municipio. Un acquisto sui generis, parte in contanti, parte con una commessa di lavori. L’acquisto di Vinicio contribuì al successo elettorale del Comandante che raccolse 300mila preferenze alle elezioni amministrative del 1956, nella stagione (’55-’56) in cui arrivò Vinicio.

Poiché c’erano tre stranieri nel Napoli (Jeppson, Pesaola, Vinyei), e ne erano consentiti tre, si tentò di trovare un parente italiano a Vinicio. Un parroco di Aversa scovò nella cittadina casertana una famiglia che aveva il cognome della madre di Vinicio, Amarante, e sostenne che una donna con quel nome, emigrata in Brasile, era la nonna del giocatore. Senza i documenti necessari, la parola del parroco valse zero. Il Napoli dovette cedere Vinyei.

L’accoppiata Vinicio-Jeppson fu battezzata “V2”, il nome del razzo tedesco progenitore di tutti i missili. Luis Vinicio aveva 23 anni ed era una vera forza della natura. La “V2” non funzionò per la rivalità e le gelosie fra Jeppson e Vinicio e per i troppi “veleni” nella squadra sotto la guida di Amadei. Il tandem esplose una sola volta, contro la Pro Patria (8-1), tre reti di Vinicio, due di Jeppson. Il doppio centravanti fu l’illusione di mezzo campionato.

La stagione ’56-’57 si concluse con un evento memorabile, il matrimonio di Vinicio nella basilica di San Francesco in Piazza Plebiscito, gremita di tifosi, Lauro compare d’anello dello sposo. Lei era un vecchio amore di Vinicio, Flora Aida Piccaglia, con nonni emiliani di Zocca. S’erano conosciuti in Brasile. Vinicio scese in tight da una Cadillac, Flora aveva tredici metri di velo. Su un cartello issato in piazza c’era scritto: “Sposi a Napoli, felici per sempre”.

Fallì un nuovo tandem, quello tutto brasiliano di Vinicio e Del Vecchio. Amadei insisteva con Lauro perché cedesse Vinicio. “Non sta bene” diceva l’allenatore al Comandante. Corse la voce che il brasiliano fosse affetto da un numero insufficiente di globuli rossi. In realtà, era in atto la “guerra” di Amadei contro Vinicio e il suo amico Pesaola. I tifosi, subdorata l’ipotesi che il brasiliano venisse ceduto, issarono allo stadio un cartello che diceva: “Vendetevi l’anima, ma non Vinicio”.

Lo spogliatoio azzurro era un covo di malumori e di clan. L’ultimo squillo del brasiliano fu il gol della vittoria (2-1) contro la Juventus nella domenica in cui fu inaugurato il “San Paolo”, 6 dicembre 1959, 80mila spettatori, 70 milioni di incasso. A fine stagione, Vinicio fu ceduto al Bologna in una scandalosa trattativa: il Napoli ebbe dal club felsineo Pivatelli e Mihalic e saldò il conto versando 122 milioni. Il Napoli precipitò in serie B.

Vinicio, in cinque campionati col Napoli, giocò 152 partite segnando 69 gol dal 1955 al 1960.

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