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Tifo per una squadra che perde spesso. E sono abbastanza depresso

Il Napoli al Bentegodi gioca a meraviglia per trenta secondi. I cambi sono la prova dello stato confusionale di Gattuso

Tifo per una squadra che perde spesso. E sono abbastanza depresso

FALLI DA DIETRO – 19a GIORNATA DEL CAMPIONATO 2020-21

Il Milan è campione d’Inverno.

Il titolo – si sa – ha mero valore scaramantico.
Secondo una statistica più o meno attendibile chi è primo a gennaio, lo è anche a maggio.
Salve qualche dolorosa eccezione che riguarda più da presso il mesto tifoso azzurrognolo.

Il Milan intanto è campione d’Inverno. Questo il lato positivo.
Il Milan becca tre gol dall’Atalanta. Questo il lato negativo. Letteralmente dominato da una Dea indiavolata che manda all’inferno il Diavolo.

Una gara esemplare.
Azioni in velocità, esecuzioni geometriche. Una squadra consapevole della propria forza. Delle proprie certezze tattiche. Della propria identità. Perfezione assoluta.

Su tutti un Ilicic stellare. Praticamente immarcabile. Impossibile togliergli la palla dai piedi. Pura lezione di calcio. Può sognare in grande.

Curiosità.
Sapete da quanto tempo una capolista solitaria di serie A non perdeva in casa con tre gol di scarto?
Dal 27 settembre 2015.
Inter-Fiorentina 1-4: e c’era sempre di mezzo questo signore qui.

Ma non è solo Ilicic, la Dea.
È anche Matteo Pessina. Dopo la grande stagione scorsa a Verona arriva a Bergamo in punta di piedi.
E pian pianino, si fa notare a tal punto da convincere Gasp che se c’è lui, si può fare anche a meno di quel lavativo del Papu.
Pulizia nel passaggio, senso della posizione, visione di gioco, inserimenti. Gioiellino.

Ma la Dea è anche Remo Freuler.
Uno che ricorda Musil. Per le poche qualità apparenti. Ma che in realtà è il coltellino svizzero nerazzurro, soprattutto in fase difensiva.
Insomma dicevo, la squadra è perfetta.
Il Milan è campione d’Inverno.

Perché l’Alligatore del Salento va a sbattere il muso contro le montagne friulane e fallisce ancora una volta l’aggancio.

Impossibile sapere quanto influiscano le perturbazioni interne e le voci di vendita a un fondo di investimenti.
Sta di fatto che al Dacia i nerazzurri lasciano due punti preziosi dopo novanta minuti di noia e di errori un po’ dovunque.

Non sa proprio con chi prendersela il Mister.
E allora se la prende con l’arbitro. “Sempre tu, Maresca!”.
Che poi con Maresca lo scorso anno l’Inter vinse 5 partite su 5. Compresa quella di Parma, in cui negò un rigore sacrosanto a Kulusevski con l’Inter sotto di un gol.

“Non sempre si può vincere!”
Lele Oriali allora si ricorda dei Rokes e di Shel Shapiro in un revival degli anni 70.
C’è una stana espressione nei suoi occhi.
Eccolo di nuovo Oriali, che entra in campo con l’intenzione addirittura di mettere le mani addosso all’arbitro.
Amore fermati, gli urla Handa, e salva la situazione.
Oriali, dico.
Stipendiato dalla Figc, cosa ci fa lì? Robacce italiane.

All’Olimpico c’è da cancellare il pasticcio del mercoledì di Coppa.
E ripristinare un equilibrio interno improvvisamente compromesso.
La lite fra mister e il capitano è al capolinea.
Fonseca non meno di un mese fa era l’allenatore del giorno.
Oggi è in bilico.

La sorte vuole che di fronte ci sia sempre la stessa squadra.

Il destino del mister sembra segnato quando Daniele Verde, proprio lui, l’enfant du pais, il gioiellino del vivaio sangue-oro al 90° segna il 3-3.

Paulo Fonseca non è più l’allenatore della Roma.

Due minuti e tutto cambia.
Lorenzo Pellegrini il capitano del futuro, va in gol.
Si toglie la maglia. Va all’abbraccio col suo mister.
E’ l’immagine del giorno.

Fonseca resta.
Chi deve andar via è Dzeko, che in tribuna ostenta lividi sorrisi.

Tifo per una squadra che perde spesso.
A malapena guarisco da una sberla. Ed ecco un’altra legnata.
Una vita faticata.

Il Napoli al Bentegodi gioca a meraviglia per trenta secondi.
Improvvisa e inattesa verticalizzazione per il Mariachi e vantaggio.
Poi si spegne la luce ed è il buio.

I due di centrocampo costantemente in ritardo.
I due di difesa anche.
Il Pibe di Fratta preso dalla frenesia del “capitano che dà l’anima”, te lo ritrovi in difesa a pressare. E combina altri guai.

Juric ha tempo per organizzarsi con il suo gioco prevedibile e scontato.

I cambi sono la prova dello stato confusionale che il Gattaccio attualmente vive.
Raccatta quello che può dalla panchina e li sbatacchia alla rinfusa sul campo. E poi incrocia le dita.

Ovviamente si perde.
Ed è un delitto regalare tre punti così.

L’allenatore non andrà via. Anzi pare che firmerà presto il rinnovo.
Anche se è evidente che la squadra non lo segue più.

Qualche decisione bisogna prenderla.

Tifo per una squadra che perde spesso.
E sono abbastanza depresso.

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