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“Taralluzzi e vino” il tempio laico di Prignano Cilento dove impera il ragù di castrato

Imperdibile ristorante a gestione familiare, tavoli di legno, antipasti locali, cavatielli a farla da padrone. Quattro persone, 71 euro

“Taralluzzi e vino” il tempio laico di Prignano Cilento dove impera il ragù di castrato

In tempi di Covid e zona gialla c’è un paradiso da visitare poche ore fuori Napoli: è il Cilento. Abbiamo visitato Prignano Cilento un borgo di poco più di mille anime che si raggiunge facilmente dopo Agropoli e che ha un centro storico fatto di pietra con loggette, portali, finestre in legno: memoria di tempi di emigrazione e di dialetti consonantici. In una giornata chiara si vede finanche una Capri inedita e Punta della Campanella, mentre gli altri belvedere in pietra danno accesso a catene montuose e colline che sono la porta per borghi di altra ruralità.

Ma non è solo la Chiesa di San Biagio l’attrazione per gli amanti dello storico-artistico: c’è un tempio laico. Stiamo parlando dell’antica Trattoria “Taralluzzi e vino”. Si entra e si trova già un bar, ma dopo, una sala con pochi coperti e l’ospitalità autentica della famiglia di Massimo – la moglie è la cuoca – , la figlia che studia al Geometra che serve ai tavoli. Tavoli di legno e tovagliate di carta: subito il vino forte e giovane a fare da apripista insieme agli antipasti con verdure, salumi e con un caprino con il “forte” mai mangiato nella sua unicità. Insieme a conserve di arancia.

Come primi dei cavatielli alla cilentana e – siamo stati fortunati – altri con il castrato di agnello. Il secondo – per chi ce la fa – è fatto di arrosti di agnello e capretto. Noi che ci siamo fermati al primo – delizioso il ragù castrato, mai mangiato prima – eravamo già beatamente out incuranti della conta al Senato. Poi, mentre gli osti si sedevano con noi a mangiare delle patate al forno che sono sbucate dal nulla e che abbiamo innaffiato con un digestivo alle mele annurche locale ed il caffè, il conto: 4 persone 71 euro… Belle persone: scambio di ricette e di aneddoti tra commensali. Insomma la ruralità che neanche un’estate che ci ha privato delle sagre in zona – quelle vere, senza simulacri di moda – ha depauperato. Ci lasciamo con la speranza di rivederci presto: forse anche De Luca se mangiasse a Prignano sarebbe più calmo ed eviterebbe dirette nasali. Buon appetito.

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