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Sibilia sfida Gravina l’uomo dalla parte dei potenti del calcio

La corsa alla presidenza della Figc. Sibilia, riferimento del calcio dilettantesco, si batte – a differenza del rivale – per l’indipendenza della giustizia sportiva

Sibilia sfida Gravina l’uomo dalla parte dei potenti del calcio

Gabriele Gravina, presidente uscente della Figc, è sulla carta il vincitore delle elezioni che si svolgeranno il 22 febbraio, approdando così al secondo mandato. Sulla carta, avendo dalla sua 18 club della serie A, 19 della B, 54 della C. E cioè oltre il 50% degli elettori.

Uomo di potere, dalle molteplici alleanze che rispecchiano molteplici interessi. È lui l’uomo da battere per cambiare la gestione della Federazione italiana gioco calcio. Per opporsi a un sistema di potere che ha fatto gli interessi delle società forti dell’asse Torino-Milano. Che sta tramando per rafforzare i forti e indebolire i deboli. Che piange miseria e organizza affari milionari con i diritti televisivi.

Solo per tutto questo, solo perché ci piace stare dalla parte del torto, dei deboli, di chi ama il calcio popolare, di chi scommette sulla rete territoriale e amatoriale dello sport più bello del mondo, che fa sognare milioni di ragazzi in tutto il mondo, facciamo il tifo per il candidato Cosimo Sibilla che ha guidato la Lega nazionale dilettanti, un milione di tesserati e dodicimila club tesserati. Un terzo del sistema calcio.

Una campagna elettorale che non risparmia colpi di scena. Gravina per garantirsi il sostegno della Lega Pro del suo fido scudiero Ghirelli, per sostenerlo nella rielezione, ha deciso di accantonare il progetto, fortemente voluto da Sibilia, di riduzione del numero dei club professionisti, portando 40 delle 60 squadre della terza serie in una Serie D “elite”, mentre Gravina vuole mantenere le 100 società professionistiche.

Sempre in una logica di “acchiappaconsensi” per ottenere quelli dell’Aic (Associazione italiana calciatori) ha accettato il principio dell’eliminazione del vincolo sportivo nel mondo dei dilettanti. Per chi non lo sapesse, le società giovanili e dilettantistiche vivono sostanzialmente su riconoscimenti che gli vengono dati quando riescono a crescere un buon calciatore e lo passano alle società professionistiche. Si chiama premio di valorizzazione ed è un riconoscimento per l’attività che è stata fatta negli anni in cui quel giovane calciatore era ancora un dilettante.

Non vi sfuggirà che eliminare questo vincolo significa verosimilmente portare alla morte migliaia di società sportive, in un 2020 falcidiato dall’emergenza Covid che con fatica ha visto comunque oltre 60000 squadre affiliate, anche grazie al sostegno economico della LEna nazionale dilettanti.

Sono dunque questi i punti salienti che segnano le differenze tra i due candidati di una battaglia che è tutta quanta ancora da giocare. C’è da aggiungere che la stessa bilancia della giustizia rischia di pendere dal lato sbagliato perché solo Sibilia propone l’indipendenza vera degli organi di giustizia della Figc (Procura, Tribunale e Corte di Appello) che oggi invece sono a tutti gli effetti organismi interni alla federcalcio, scelti dai vertici della Federcalcio ed in qualche modo chiamati a rispondere ad essi. Una battaglia dunque di indipendenza in nome del calcio pulito e senza padroni, l’unico che a noi piace.

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