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Pirlo affida la difesa della Juve a due simpatici pensionati da giardini pubblici

L’aspirante Maestro riesce a subire una sonora lezione di tattica niente meno che dal Mister Parrucca. Si ritrovano gli azzurri smanettoni.

Pirlo affida la difesa della Juve a due simpatici pensionati da giardini pubblici

FALLI DA DIETRO – 18a GIORNATA DEL CAMPIONATO 2020-21

Giornata di Derby.

Garriscono le aquile sul cielo di Roma.

Decidono sempre loro. Ciro d’Italia e Luis Alberto.

Ma il Derby sta tutto nell’errore iniziale di Ibanez.

Pistola fumante contro il brasileiro, imputato numero uno.

Ed è su quella corsia che Lazzari semina letteralmente il panico a ogni incursione.

L’ha vinta Inzaghi.

L’ha vinta nei primi 23 minuti, quelli decisivi.

Durante i quali la squadra esegue alla perfezione il piano tattico preparato in settimana a Formello.

Via i canonici riferimenti a Fonseca.

Impostazione di fatto a quattro, non a tre.

Con Leiva a palleggiare con Acerbi e Reina.

Radu e Luiz Felipe larghissimi, quasi a calpestare la linea laterale. Marusic e Lazzari ancora più alti.

Non voglio essere blasfemo.

Come in parte lo è la pubblicità che scorre in bella mostra lungo la tribuna inferiore. “Carbonara perfetta con pancetta a cubetti”.

Roba che in un Derby capitolino non si può accettare.

Non voglio essere blasfemo.

Ma a me pare di vedere a tratti quattro difensori, zero centrocampisti, sei attaccanti.

Perché Luis Alberto e Milinkovic salgono con i due laterali vicino a Caicedo e Ciro.

Geniale.

Per Fonseca è disfatta.

Perde il suo primo derby e finisce nuovamente al centro delle polemiche.

I giallorossi davanti alle grandi si sciolgono.

Contro le prime nove in classifica, zero vittorie.

Non è un dato incoraggiante in ottica Champions.

Devono ritrovarsi gli azzurri.

Il buon Gattaccio manda al diavolo l’allenamento del giovedì.

Tutti a pranzo per ritrovarsi.

Deve essere un posto miracoloso la Masseria Guida sulle pendici del Vesuvio.

Ma ancora più miracoloso deve essere il menu offerto dallo chef.

Pozioni magiche e spezie fatate scacciano via malintesi e indolenze. Quell’apatia che Brera chiamava “gnàgnera”. L’assenza di pathos, il vuoto di passione.

Si ritrovano gli azzurri smanettoni.

Forse più semplicemente di quanto si creda. In fondo si sa che le cose semplici sono l’ultimo rifugio delle persone complicate.

Succede che toccherà sostituire il Fenicottero andaluso sfortunatamente positivo al virus.

Basterà semplicemente inserire Diego Dunga Demme e la squadra ritroverà il naturale equilibrio.

Succede che il Petagnone serve in area al Pibe di Fratta un rigore in movimento. E stavolta il capitano non spara a vanvera. Ma semplicemente infila l’angolino.

Succede che su sette tiri in porta gli azzurri semplicemente vanno a rete cinque volte.

Succedono cose semplici e gli azzurri si ritrovano.

Complimenti a tutti. E arrivederci a mercoledì per la Supercoppa. Magari non prima di un altro pranzo propiziatorio a Ercolano.

Torino-Spezia non è una partita come le altre.

Siamo nel 1944.

All’indomani dell’8 settembre l’Italia vive momenti di sgomento e di terrore. Sono giorni di pena e di sconforto, di fame e di dolore.

Tuttavia la Federazione riesce a organizzare – fra mille difficoltà – un vero campionato di guerra.

Ammesse solo squadre delle città del Nord non occupate dagli alleati.

Tra queste si iscrive la squadra Vigili del Fuoco della Spezia.

Che sbaraglia tutti gli avversari e raggiunge la finale a tre con Torino e Venezia.

Si gioca a Milano.

La prima partita tra Spezia e Venezia termina in parità sul punteggio di 1-1.

Sette giorni più tardi, il 16 luglio del1944 sempre a Milano, lo Spezia affronterà il Torino, il grande Torino di Valentino Mazzola.

Il Torino allenato niente di meno che da Vittorio Pozzo, ct della nazionale.

Il Torino considerato imbattibile.

Ma alla fine lo Spezia vince.

2-1 il risultato finale di quella partita epica e incredibile.

Che vanta anche una curiosità d’eccezione.

Perché fu proprio in quella partita che Ottavio Barbieri, l’allenatore della squadra ligure, l’ex famoso genoano, farmacista a Moneglia, introdusse per la per la primissima volta nel calcio la figura del libero.

Compito che fu affidato a Wando Persia che la Gazzetta dello Sport defini “terzino vagante”.

Una mossa che Barbieri chiamò mezzo sistema. E che scombussolò la testa ormai canuta di Pozzo e contribuì a neutralizzare tutti gli attacchi del Torino.

I bianconeri dovettero aspettare l’esito di Torino-Venezia (5-2) che fu solo una formalità per festeggiare.

Lo Spezia è Campione d’Italia.

Titolo che la Federcalcio mai omologò. Ignoti i motivi.

Segue una lunga battaglia intrapresa dall’intera città che porta i suoi frutti solo nel 2002.

Quando la Federazione, dopo la riapertura di un processo di revisione storica, riconosce il merito sportivo dello Spezia.

E, non potendo assegnare dopo quasi sessant’anni lo scudetto, decide di assegnare un titolo onorifico.

Un tricolore celebrativo “perenne” della vittoria del torneo 1943-1944. Tricolore che oggi spicca sulle spezzine maglie bianconere.

Verifiche a San Siro.

Quello che fu un tempo il Derby d’Italia, viene oggi giocato da due società che recano con sé pesanti fardelli pieni zeppi di guai.

Mentre è più che concreta la fuga Suning, la dirigenza nerazzurra deve rassicurare la squadra inquieta. Gli stipendi di luglio e agosto saranno pagati a febbraio. Solo un po’ di pazienza.

Sull’altra sponda, alle nubi sempre più buie sulla farsa Perugia, si aggiunge il brutto episodio dei tamponi non effettuati a giugno, alla ripresa del campionato.

Per una società che “conosce il protocollo”, per una società che “rispetta le regole” è proprio una gran bella figuraccia.

In campo il Pirlocchio si presenta con una voragine abissale a centrocampo e con una difesa gestita da due simpatici pensionati da giardini pubblici.

Un disastro. L’aspirante Maestro riesce a subire una sonora lezione di tattica niente meno che dal Mister Parrucca.

Il quale non è che si inventa chissà che. Certo, Barella è stratosferico. Certo, Hakimi è sempre più incontenibile. Certo, è meraviglioso quel lancio alla Luisito Suarez di sessanta metri col quale Bastoni mette le ali al sardo per il secondo gol.

Per il resto la prestazione dei nerazzurri è semplicemente normale. Ma basta per questa Juve assai malmessa dalla quale persino il Toy Boy sembra essersi definitivamente dissociato.

Nonostante le turbolenze interne i nerazzurri rivedono la vetta.

Conte: “Ho fiducia in questa squadra”.

L’altro Conte: “Ho fiducia nel parlamento”. Si vede che frequenta da poco.

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