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“Non moriamo di Covid ma moriamo di fame” è una balla. Lo dice uno studio di Bloomberg

Morti e danni economici non sono per forza correlati: sanità e finanze possono essere preservati, basta saper governare come in Giappone, Corea o Germania

“Non moriamo di Covid ma moriamo di fame” è una balla. Lo dice uno studio di Bloomberg

E’ il momento di smitizzare “uno dei più grandi errori politici della pandemia: il tentativo di preservare la crescita economica riducendo al minimo le restrizioni” attuate per difendere la salute pubblica. Il tormentone “Non moriamo di Covid ma moriamo di fame” è una balla, funziona così solo se al Governo non sono capaci di… governare. Lo dice uno studio di Bloomberg, che evidenzia una cosa molto semplice:

“Ormai è chiaro che non esiste un compromesso necessario tra vite e mezzi di sussistenza. Un Paese può avere entrambi”.

Due economisti di Bloomberg Economics, Scott Johnson e Tom Orlik, hanno centrato quel punto in un grafico che traccia i decessi da Covid-19 per milione di abitanti rispetto al livello del prodotto interno lordo nel quarto trimestre, rispetto alla sua tendenza pre-pandemica.

Grafico Bloomberg

Cina, Corea del Sud e Giappone si trovano in alto a sinistra nel grafico. Sono a sinistra perché hanno un numero basso di morti per virus per milione, e sono vicini ai vertici perché le loro economie funzionano quasi alla stessa velocità di prima del Covid.  Nell’angolo degli “inefficienti”, in basso a destra, ci sono Regno Unito, Messico, Spagna e Argentina, con alti tassi di mortalità ed enormi danni economici.

Il punto è che se ci fosse davvero un forte compromesso tra vite ed economia, non esisterebbero né il gruppo “buono” né quello “cattivo”. Ovviamente non tutti i paesi rientrano in uno dei cluster. Gli Stati Uniti, la Francia e l’Italia sono casi intermedi. Australia, India e Indonesia sono un diverso tipo di caso intermedio: tassi di mortalità piuttosto bassi, danni economici abbastanza gravi.

“I governi che agiscono nella falsa speranza che si potesse acquistare un po ‘più di crescita a scapito di qualche caso di virus in più, spesso si sono ritrovati con pochi preziosi posti di lavoro in più ma molto più contagio”.

Semplificando molto: ci sono paesi, tra cui Italia ma soprattutto la Gran Bretagna, che sono riusciti ad avere una alta mortalità pur applicando misure restrittive dall’altissimo impatto negativo sull’economia. Queste dinamiche sono la combinazione di una serie di azioni molto complesse, e se i governi non riescono a gestirle a dovere, come in Gran Bretagna, si fallire su entrambi gli aspetti. Che però non sono per forza correlati. La prima pagina del Telegraph di oggi dice tutto: il governo chiede scusa per i 100.000 morti, a capo chino. Lo stesso governo che esordì in primavera teorizzando zero restrizioni per ammalarsi tutti il prima possibile: “Preparatevi a perdere i vostri cari, alcuni moriranno”. Prima di rimangiarsi tutto nei mesi a venire, quando era ormai troppo tardi.

Tra le democrazie, quelle che la Banca Mondiale ha valutato bene come “efficacia del governo” hanno combattut contemporaneamente la pandemia e preservato la crescita: la Corea del Sud, il Giappone, la Germania, l’Australia e il Canada. E no, l’Italia che continua a vendersi come “esempio” al mondo, non c’è.

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