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Il Guardian: Messi come Zidane con Materazzi, è esploso perché non si sente più un dio

Il suo primo cartellino rosso “è l’atto di un uomo disperato”, “Messi non ha mai affrontato un problema che non poteva risolvere con i piedi. Ora sa che non tiene più il mondo nella sua orbita”

Il Guardian: Messi come Zidane con Materazzi, è esploso perché non si sente più un dio

Quella specie di schiaffone che Messi ha rifilato a Villalibre procurandosi la prima espulsione in 753 partite “col calcio non c’entra niente”. “E’ l’atto di un uomo disperato, un uomo senza speranza”, di uno che credevamo fosse un dio e invece no.

Lo scrive Jonathan Liew sul Guardian, commentando un gesto che per altri giocatori sarebbe normale, ma per lui no. Messi non è uno come gli altri.

“Non è certo la prima volta che Messi perde la pazienza in campo. Non è sorprendente. Messi è stato preso a calci, bloccato, colpito, strattonato, sgambettato da quando ha imparato a palleggiare. In effetti, Messi ha passato gran parte della sua carriera in un contesto di persone che cercavano specificamente di farlo arrabbiare. Il più delle volte, la rabbia di Messi è piuttosto divertente. Ci sono i numerosi litigi con Sergio Ramos e Pepe, uno duello con João Félix nella Supercopa dello scorso anno, la volta in cui ha rimproverato un difensore di terza divisione in un’amichevole pre-campionato urlandogli «Vuoi smetterla di prendermi a calci, stronzo?». La volta in cui ha festeggiato un rigore dell’ultimo minuto contro il Valencia correndo dai suoi tifosi e urlando: «La concha de sus madres! Hijos de puta!»”.

Ma quella reazione non ha niente a che fare con questo. “Non è affatto un atto calcistico. È pura malizia umana, un vulcano di rabbia e vendetta che probabilmente si sono accumulate per anni”.

“Forse il parallelo più azzeccato è la testata di Zinedine Zidane nella finale di Coppa del Mondo 2006: un atto innescato dall’insulto di Marco Materazzi ma alimentato da un miscuglio tossico di circostanze”, ma “soprattutto da quel senso di desolazione e smarrimento per un sipario che cala, del gioco che non può più piegarsi alla sua volontà”.

Fin da giovane, Messi non ha mai affrontato un problema che non poteva risolvere con i piedi. Controlla la palla e tutto il resto – i difensori, il portiere, il gioco, la potenza – semplicemente si allinea. Ma ora, sebbene la sua abilità con una palla rimanga impareggiabile, non tiene più il mondo nella sua orbita”.

“Il potere di Messi si è sempre basato sul fatto che non si poteva prevedere cosa stesse facendo. Che non era normale. Che le solite regole di causa ed effetto non si applicavano a lui. Questa è la base fragile su cui è stato costruito un intero sistema di credenze sportive: Messi come divinità, Messi come luce, Messi come salvatore e trascendenza. O come dice lo scrittore catalano Jordi Puntí: «Un mondo alternativo vive nella nostra immaginazione e Messi lo nutre»”.

“Ma il problema con la creazione di divinità umane è come affronti il declino del loro potere, l’oscuramento della loro luce – come elabori la crudeltà e la sofferenza che si verificano sotto il loro comando. Forse lo spieghi come l’atto di un Dio vendicativo e arrabbiato e vai avanti con la tua giornata. O forse, al contrario, concludi che semplicemente quel non esisteva”.

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