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Dietrofront, ora Insigne è magnifico

Uno contro cinque, in occasione dell’assist impensabile a Lozano il ‘cazzimmoso’, solo la classe di Lorenzo poteva permetterselo

Dietrofront, ora Insigne è magnifico

E ora tutti l’avevano detto. Insigne è un grande giocatore. Precedenti comici: Lorenzo (9 gol in campionato) che non segna, Lorenzo che si fissa col tiro a giro. Lorenzo che, secondo una stramba classifica degli “estimatori” di calcio, è un campione (se lo è), ma non un fuoriclasse. Mah.

Belli e cattivi

L’azione devastante che conferisce a Lozano licenza di segnare resterà tra le cose più belle del campionato. Si dimostra che la bellezza e il gol vanno d’accordo eccome.

Se non ci fossero il dribbling, il tacco, l’assist, il tunnel, la veronica, l’intesa di squadra, infine la ricerca della vittoria, non sarebbe calcio. E non staremmo a Napoli. E ora come la mettiamo con i cultori del “brutto” ma vincente? Uno contro cinque, in occasione dell’assist impensabile a Lozano il ‘cazzimmoso’, solo la classe di Lorenzo poteva permetterselo. Prodezze per prodezze, il Lorenzo dei sette metri di porta da difendere è stato Ospina, kamikaze vocato al martirio, che non esita a scontrarsi con pali, avversari e compagni di squadra, uno che ci tenta, come Lorenzo, a fare giocate spericolate.

Giocatore vincente e idolo mancato

“Salvate il soldato Insigne” si era scritto, parafrasando il film di Steven Spielberg. Si sa, al masochismo non c’è mai fine e Insigne da Frattamaggiore, a differenza di Baggio, Del Piero, Pirlo, Totti, deve faticarselo il titolo di idolo della tifoseria. Non si ammette l’errore, una giornata storta, la giocata a giro che (chissà perché) che porta a rete la squadra ma annoia. Ai critici di professione basterebbe ricordare il rigore sbagliato da Diego in Coppa Uefa a Tolosa, il gol mancato da Junior solo contro Zoff in occasione dei mondiali di Barcellona. Per dirne due.

Le spalle forti di un nazionale

Ma Lorenzo sta dimostrando di avere le spalle forti. Come napoletano e capitano sentendosi in dovere di ospitare calcisticamente la sua squadra; come nazionale, a ventotto anni suonati, di portare non solo gioco, ma anche esperienza di campo. Chissà se un giorno non indosserà la casacca di Pirlo, passaggi di fino in uscita e licenza di andare avanti e segnare.

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