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Dal ritiro di Agerola, Canè faceva finire i palloni sulla spiaggia di Praiano

Lauro lo comprò per 4mila dollari, aveva 19 anni. Calciava sempre fuori, poi incontrò Pesaola. Una sua doppietta riportò il Napoli in Serie A

Dal ritiro di Agerola, Canè faceva finire i palloni sulla spiaggia di Praiano
Sivori, Juliano, Canè, Stenti festeggiano dopo il 4-2 alla Spal

Jarbas Faustinho Canè, il mio bomber di cioccolato, oggi ha 82 anni, magnificamente nonno di tre nipoti. Diciamo subito una cosa. Non è vero che Lauro lo scelse in fotografia perché era il più brutto dei giocatori brasiliani che, in fotografia, gli furono proposti. Racconta: “Avevo 19 anni. Il Comandante mi trovò simpatico nella fotografia che fissava una mia acrobazia”.

Josè De Gama, impresario di Rio, stava girando l’Europa per vendere calciatori brasiliani e, a Napoli, andò da Lauro, alla Flotta. Tirò fuori da una borsa di pelle nera una nutrita documentazione e stava magnificando le doti di tali Muriello, Arodo e Rodarte. Lauro capì che il furbo impresario gli stava presentando i giocatori di minor valore. Vedendo una foto di Canè in un palleggio volante, esclamò: “Chistu me piace”.

De Gama accettò l’offerta di 4 mila dollari e telegrafò in Brasile: “Prepara bagagli, aspetta biglietto aereo”. Jarbas Faustinho viveva in un sobborgo residenziale di Rio, la Penha, ultimo di cinque figli dell’appaltatore edile Antonio Faustinho che lo avrebbe voluto avvocato, ma si arrese alla passione di Jarbas per il calcio. Però lo mandava a lavorare in una officina di elettrauto.

“Il nomignolo di Canè me lo mise mia madre Imperialina. Canè è il diminutivo di caneca, la tazza dalla quale si beve il latte che io avevo sempre tra le mani”.

Nel ritiro di Agerola, dove arrivò nell’estate del 1962, non gliene andava bene una. Tiro potente, ma sempre fuori bersaglio. Scagliava palloni al cielo che ricadevano sulla spiaggia di Praiano. Un giornale titolò: “Canè o cane?”.

Mi ha raccontato: “Ero stordito. Quando arrivai a Napoli con il presidente dell’Olaria, la mia squadra brasiliana, con la moglie e l’impresario De Gama andammo da Lauro, nella villa di Massa Lubrense. Da Napoli arrivammo su uno dei motoscafi del Comandante. E che cos’era la villa! Mi sembrava di essere a Hollywood. E tutta quella piantagione attorno con alberi da frutta che non avevo mai visto… Tanto colore, tanti odori. Ero un ragazzo ed ero spaesato. Lauro ci invitò a pranzo e, poiché eravamo in 17, invitò una cameriera a sedersi a tavola. Nel pomeriggio ci fece imbarcare sul suo yacht, il Karama, per una gita nel golfo.

Al ritorno firmai un contratto di due anni ed ebbi sei milioni di lire di ingaggio. Era estate e il Comandante vestiva sempre di bianco».

Pesaola lo inventò ala destra e il tiro di Canè migliorò moltissimo. Divenne un bomber e un napoletano di cuore. Face a gara col parmense Zurlini a imparare il dialetto. Uscì dalla sua timidezza e divenne, a modo suo, uno scugnizzo.

In Brasile, da ragazzo, aveva giocato due campionati, quello a piedi scalzi con le squadre che prendevano il nome dai toponimi delle strade e quello con le scarpette. Con i fratelli Jair e Jaime giocava nella squadra di suo padre, grande appassionato di football e presidente di un club che si chiamava Repubblica, in quarta serie.

Faustinho ricorda: “I primi soldi, tremila cruzeiros al mese, diecimila lire italiane, li vidi quando andai all’Independiente, una squadra di serie C di Petropolis, un enorme sobborgo alla periferia di Rio. Era il 1959. Poi il salto nell’Olaria, maglia numero otto, interno di punta, pubblico di trentamila persone nel campionato di Rio”. Fu convocato per la nazionale brasiliana olimpica.

Quando i tiri di Canè cominciarono a centrare le porte, successe che all’Olimpico, contro la Roma, calciò un tiro violento e memorabile. Il pallone colpì il palo destro, rimbalzò due volte sulla linea di porta e, dopo avere picchiato sul palo sinistro, rientrò in campo. Divenne il beniamino dei tifosi azzurri. Fu il beniamino assoluto dopo che a Parma, nel 1965, firmò il ritorno del Napoli in serie A con due gol (il terzo lo segnò Bean, 3-1).

Durante le vacanze di fine anno scappava in Brasile dov’era estate. Brasiliano di Rio aveva casa sull’esclusiva spiaggia di Barra da Tijuca.

Fantastico il suo matrimonio con Adelina Papa, ragazza vomerese, autentica creola nostrana. Folla immensa, 18 giugno 1966, nella basilica di Capodimonte. Il sacerdote disse al microfono: «Vi devo rivolgere un invito non da parte mia, ma da parte di Canè il quale vi prega di attenderlo fuori la chiesa».

Mi ha raccontato: “Non sapevo come dirlo a Lauro, mi sembrava di farlo per avere il regalo. Non gli mandai la partecipazione. Però gli telefonai. Bene e auguri, disse lui. E mi fece avere un milione di lire. Pesaola mi regalò uno specchio bellissimo che si ruppe in mille pezzi”.

Smise di giocare a 35 anni, nel 1975, diventando un asso dei fornelli. “La mia pasta e fagioli è insuperabile”. Ma il suo piatto favoloso è brasiliano, il “dobragigna”, un misto di carne e verdura. Lo provoco: “Jarbas, ma è la minestra maritata!”. “Buona anche quella”, risponde ammiccando.

 

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