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Tra la sentenza Coni e l’arbitraggio di Juve-Fiorentina, è stata la Waterloo dei complottisti

Troppe emozioni tutte assieme: il tavolino ribaltato, i rigori negati. Ma a tutto c’è una spiegazione. “Ora vogliono far vincere Inter e Milan, e salvare la Juve per Suarez”

Tra la sentenza Coni e l’arbitraggio di Juve-Fiorentina, è stata la Waterloo dei complottisti

Il senso di vuoto, lo spaesamento. “Non può essere”, e giù con la testa china sugli smartphone ad aggiornare il retropensiero: “Ecco, lo sapevo, salvano il Napoli per prepararsi ad assolvere la Juve per Suarez”.

I colpi arrivavano uno dopo l’altro, velocissimi: ci ridanno il punto in classifica… ne tolgono tre alla Juventus… la partita si rigioca… abbiamo vinto. Di nuovo: no, non può essere. Il clangore delle sinapsi che sferragliano alla ricerca di un altro appiglio: non possiamo vincere, deve esserci sotto qualcosa. Per forza.

La Waterloo dei complottisti ha preso forma piano piano, ma in un crescendo inarrestabile. Prima il Coni che ribalta la classifica, il Napoli riabilitato e quel -1 che si trasforma in un -3 alla Juve, con la giustizia, il potere, il Palazzo che affondano proprio loro, dai, non è possibile. Poi alla sera, con la Fiorentina di Prandelli che non vinceva dal governo Giolitti e che d’improvviso espugna Torino, 3-0. Con gli arbitri – capisci? Gli arbitri! – che prima espellono Cuadrado alla Var, poi non cacciano Borja Valero, e infine non concedono un rigore a Ronaldo che cade in area e un altro a Bernardeschi.

Con Bonucci – quello che quando dà la buonanotte ai figli gli ripete che vincere è l’unica cosa che conta – che fa acqua da tutte le parti, e Alex Sandro che addirittura se la butta in porta da solo. Pavel Nedved che lascia il campo contestando indignato per l’arbitraggio.  Citiamo a memoria:

“Gli arbitri sono solo l’alibi dei perdenti”

22 dicembre: il Natale dell’anti-juventinismo.

Ma le milizie del recondito, del sottinteso, del ricalcolo agonistico non riuscivano a farsene una ragione, allenate all’imperativo categorico della sofferenza, del rimestio. C’è sempre una trama parallela, un sotterfugio che quei puri d’animo tra noi solo piacevolmente sorpresi da tanta manna tutt’assieme non riusciamo a cogliere. E allora ecco lo scavetto, il colpo di genio per evitare di godersi il momento: “Ce l’hanno fatta, hanno guadagnato i tre mesi che gli servivano per entrare in forma”, abbiamo letto a sentenza Coni ancora calda. “Ma certo, a ottobre li avremmo stracciati, ora noi siamo a pezzi”. “Eh, amico mio, ti faccio vedere stasera… un paio di rigorini e tac: rimettiamo tutto a posto”.

Tac. Un rigorino poteva persino starci, ma l’arbitro La Penna non lo fischia. Cosa diavolo sta succedendo? E’ il 2020 che si prepara all’apocalisse finale? Dov’è Vespa col plastico dell’arca di Noè?

I puristi dell’insinuazione hanno preso a riaggiornare i file, meticolosamente. Perché sia chiaro: che “non possiamo vincere” è un tatuaggio a vita, come “diamo fastidio”. Ma è anche vero che il complottista non perde mai. Ha sempre una risposta precotta, un’eccezione, una prova da produrre nella manica. Un pretesto che gli consenta di continuare a pascolare nel limo della bassezza sistematica.

Al gol di Caceres, il 3-0 dell’ignominia finale, l’illuminazione: “Ovvio, vogliono far vincere Milan o Inter“. Eccolo là: è stato il maggiordomo, “le milanesi”. Le terze incomode, zitte zitte. Bastava guardare la classifica, stolti noi troppo presi a guardare il dito quando la luna era lì che ammiccava. Il sistema si riadatta: non più la Juve, bisognava dare una scossa e rimettere il Duomo al centro del villaggio.

Tutt’apposto, miscredenti. Gli alibi per la prossima delusione sono in forno: se è impossibile vincere allora si vince sempre.

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