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“Toccatemi tutto ma non le vacanze”. A scuola il ponte è sacro, anche con la Dad

La Scuola non è in grado nemmeno di modificare il calendario: un monumento all’irriducibilità di un sistema che garantisce solo i giorni di festa

“Toccatemi tutto ma non le vacanze”. A scuola il ponte è sacro, anche con la Dad

C’è stato un momento, nella conferenza stampa liturgica di Conte che ammoniva gli italiani sulla temperanza da mantenere durante le festività, in cui il premier ha parlato della scuola:

“I nostri ragazzi non hanno mai smesso di andare a scuola, nemmeno in zona rossa”.

Il “nostri” evidenziava un’inclusività – ora si chiama così, è accettata pure sugli striscioni delle mamme manifestanti – che qui in Campania veniva registrata tra uno sbadiglio e l’altro con un certo distacco: “Ma con chi ce l’ha?”.

In Campania (fatta eccezione per gli asili, e le prime classi di elementari e medie che sono tornate “in presenza” la settimana scorsa) i bambini sono andati a scuola “15 giorni di scuola all’inizio di ottobre”. Il virgolettato, il dato, non è nostro. L’ha detto una volta di più il Ministro dell’Istruzione Azzolina, in tv appena ieri. Che ha aggiunto:

La scuola in Campania dovrebbe essere aperta, secondo le direttive del governo. Io parlo con tutti gli amministratori locali, con il presidente De Luca non ci sono riuscita a parlare”.

Una volta questa cosa si chiamava “devolution”, ma non ci va di ridurre a giochetti terminologici il dramma del diritto all’istruzione negato ad una sola parte della platea italiana: solo gli alunni della primaria, in Campania, sono 288.000. Che non sono, evidentemente, “nostri”: sono al massimo “loro”, di De Luca, non soggetti alle leggi dello Stato Italiano.

Senza entrare troppo nel merito della questione “giusto/sbagliato” (ci siamo già passati), i fatti dicono che di ordinanza in ordinanza il Governatore ha prorogato il ritorno in classe a scatti settimanali, con punte di involontaria comicità quando appena sette giorni fa ha lasciato dichiarare al suo assessore, Lucia Fortini, che, “ben consapevoli dell’importanza della didattica in presenza per i nostri ragazzi”, la sospensione dell’attività didattica in presenza era prorogata fino al 7 dicembre.

Oggi è 7 dicembre, non ci sono nuove ordinanze, ma non c’è problema: perché anche la Dad fa “ponte”. Domani è l’Immacolata.

Il distacco dalla realtà delle istituzioni si palesa tutto qui: mesi interi ad indicare gli studenti come i veri untori della Campania (e solo della Campania, evidentemente), a testimoniare il disagio di una generazione costretta a stare incollata agli Ipad per 6 ore al giorno coi toni della grande drammaturgia classica, e poi la Scuola non è in grado di derogare alla sacralità del suo calendario: ponte tra cosa? ponte perché? Che significa “ponte” in una situazione in cui bambini e insegnanti campani non vanno a scuola da metà ottobre?

Al di là della baruffa politica – a giudicare dalla pochezza delle argomentazioni, gli asili sono aperti e affollati di ministri e governatori vari – non basta a questo punto rinfacciarsi ogni giorno le responsabilità.

La ministra Azzolina che non riesce nemmeno a parlare con un Presidente di una Regione che non segue le sue indicazioni è la stessa che oggi rilancia la chiusura dell’anno scolastico al 30 giugno e la frequenza anche di sabato. Nel frattempo – tocca ribadirlo – la Dad fa “ponte”. Rispettando alla lettera un calendario scolastico organizzato come se una pandemia mondiale non avesse stravolto il mondo: immodificabile, un monolite. Un monumento all’irriducibilità di un sistema che garantisce ormai solo il rispetto delle vacanze, quelle mai ma davvero mai in discussione.

A Torino – c’è un richiamo in prima su La Stampa – gli studenti delle superiori sono scesi in piazza per reclamare il loro diritto alla scuola. Una protesta che nel weekend ha coinvolto 19 città in otto regioni. E d’altra parte nel dibattito nazionale quando ormai si parla di “scuola” si fa riferimento esplicito solo ai licei, perché si dà per scontato che i più piccoli (per i quali la Dad è un sistema dimostratosi inefficace se non dannoso) siano regolarmente in classe: i ragazzi di Conte “non hanno mai smesso di andarci, anche in zona rossa”.

In Campania no, si dà per scontato l’esatto opposto: ormai i genitori nemmeno s’accapigliano più nelle chat di classe aspettando che alla domenica la Regione ufficializzi l’ennesimo rinvio. Che la scuola resti chiusa fino al 7 gennaio è uno stato di fatto, non c’è mica bisogno dell’ennesima ordinanza che lo espliciti.

E mentre ci si occupa del pantone regolamentare (rossi, arancioni… le differenze sono risibili) la scuola resta a fare da sfondo. Riapriranno i commerci, i bar e i ristoranti, ma le classi no. Perché gli studenti mandano in tilt i trasporti, si sa. Untori e guastatori.

L’Italia in questo contesto che non si preoccupa di abolire i ponti – il minimo sindacale della dignità – non s’accorge nemmeno che in Campania siamo ormai alle grandi opere: camminiamo su un ponte lungo da ottobre a gennaio.

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