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Matthäus: «Ho giocato la finale di Italia 90 con le scarpe che avevo prestato a Maradona 2 anni prima, allacciate da lui»

Straordinaria intervista alla Süddeutsche Zeitung: “Al 35′ della finale si ruppero, e fui costretto a cambiarle. Per questo lasciai il rigore a Brehme. La mia partita d’addio gli salvò la vita: quanto si divertì, quanto amore…”

Matthäus: «Ho giocato la finale di Italia 90 con le scarpe che avevo prestato a Maradona 2 anni prima, allacciate da lui»
Db Bologna 04/06/2022 - Uefa Nations League / Italia-Germania / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Lothar Matthaus

C’è un momento, un minuto esatto, in cui la storia del calcio mondiale cambia protagonisti. Perché una scarpetta si rompe. Una scarpetta magica. Questa è la storia della scarpetta di Matthäus, poi di Maradona, e di nuovo di Matthäus. E del rigore di Brehme, e del Mondiale che la Germania strappa all’Argentina. Italia 90. Una storia incredibile, che racconta proprio Matthäus in una lunghissima e meravigliosa intervista alla Süddeutsche Zeitung.

Una storia che comincia due anni prima, 1988: partita d’addio al calcio di Michel Platini.

«Giocai quella partita in squadra con Maradona, nella selezione mondiale di Platini, contro la Francia. Era la prima volta che io e Maradona passavamo davvero del tempo insieme, per due giorni interi, legammo molto… A pranzo, prima della partita, Maradona mi fa: “Ho dimenticato le scarpe”. Io avevo un contratto con Puma, e in nazionale ho sempre dovuto giocare con le Adidas. E poiché stavo già andando al campo di allenamento, avevo con me anche le scarpe Adidas. Allora dico: “Diego, che numero di scarpe hai?” Dice “6½”. O “7”, non ricordo esattamente. Dico: “Senti, lo so che hai anche tu un contratto con Puma. Ma ho un paio di Adidas con me. Eccole”. Io tanto non le avrei indossate. Ma questo non ha infastidito Maradona. Dopo la partita, mi ha restituito le scarpe. Ma… le aveva allacciate in modo diverso!»

L’allacciatura di Diego.

«Non le allacciava in diagonale, ma in diagonale saltando un buco, poi ancora in diagonale, saltando un altro buco… Ho pensato tra me: se Maradona può giocare con un pizzo del genere, allora posso farlo anche io. E le ho lasciate allacciate così».

Per due anni.

«Sì. Le ho usate solo in nazionale e mai in allenamento, o in nessuna partita di Bundesliga o in nessuna partita di Coppa dei Campioni, per questo durarono più a lungo».

Tanto da arrivare a giocarci la finale Mondiale: Matthäus contro Maradona, con al piede le scarpe allacciate da Maradona in persona. Un porno per i feticisti del calcio anni 80.

«La scarpa era ormai un po’ strappata. Ho giocato spesso con i buchi nelle scarpe, una cosa del genere è difficile da immaginare oggi. Ma al 35° minuto della finale, la suola della scarpa si rompe, cede. All’intervallo ho dovuto cambiare scarpe, anche il modello. Misi un modello che non conoscevo. Ecco perché non ho tirato io il rigore, in finale, ma Andi Brehme».

«L’allacciatura di Maradona era più sciolta sul collo del piede. Era più comoda da indossare… ho ancora la scarpa a casa. E ho anche due maglie della Coppa del Mondo di Maradona».

Lothar Matthäus oggi lavora come commentatore in tv per Sky e vive a Budapest (“Posso vedere lo stadio Ferenc Púskas dal mio appartamento ogni giorno”). E si dilunga sul suo rapporto con Maradona. Ricorda tutto, ammette di avere una memoria quasi fotografica.

«Non voglio dire che eravamo amici. Ma eravamo davvero buoni amici di calcio. Ogni volta che ci vedevamo o giocavamo l’uno contro l’altro, ci abbracciavamo, non importa quanto fosse lontana la strada da fare. C’era un grande rispetto reciproco. Abbiamo… avevamo la stessa età. Ha vissuto come voleva e penso che gli sia piaciuto molto. Aveva bisogno di amore. Ma l’ha ricevuto anche da molte persone che hanno approfittato della sua debolezza. Ciò che mi ha reso davvero triste è stata la Coppa del Mondo 2018, quando faceva ginnastica in tribuna ed era chiaramente fuori di testa. Sono rimasto deluso dal fatto che lo consentissero. Ero proprio arrabbiato! Mi sono chiesto: perché nessuno si prende cura di lui? Mi ha fatto male. Non era il Diego che conoscevo».

Il Diego che conosceva Matthäus era semplicemente “il migliore”.

«Uno dei giocatori più veloci al mondo. Più veloce di Lionel Messi – e più esplosivo, direi, ma altrettanto forte nel dribbling. Spesso la palla è il più grande nemico di un calciatore. Maradona ha sempre obbedito alla palla. Ha dato tanto al calcio. Negli anni ’80 non ce n’era uno migliore di lui. Ronaldo e Messi sono su un livello simile. Ma né Messi né Ronaldo sono mai diventati campioni del mondo. E fa una gran differenza per me».

Il primo incontro con Maradona: una data indimenticabile.

«24 marzo 1982: Buenos Aires, partita amichevole, 1-1. Tre giorni prima era il mio compleanno e quel giorno ho giocato contro il Brasile al Maracanã di Rio. Io contro Zico… Júnior segnò un tiro sotto la traversa all’82° o all’84° minuto. Ricordo persino gli spettatori di quell’esibizione al Maracanã: 170.289 spettatori».

Maradona, dunque.

«Mi fu permesso di ammirarlo da vicino e di capire le mie qualità. Il mio compito era portarlo fuori dal gioco… Non era esattamente quello che io intendevo per calcio. Ma all’inizio della mia carriera ero spesso messo alle calcagna dei miei avversari. È quello che feci allora. E così nella finale dei Mondiali nel 1986. Beckenbauer ci disse: “Se togliamo Maradona dal gioco, abbiamo una grande possibilità di vincere. Cambiammo strategia solo sotto di due gol. E io ebbi più libertà di andare avanti. La Germania pareggia 2-2. Ma poi un assist di Maradona arriva a Burruchaga, Briegel lo tiene in gioco… Certo, non sapremo mai come sarebbe andata se avessimo giocato diversamente fin dall’inizio. Ma Franz ha detto in seguito, e lo dice ancora oggi, che è stata una decisione sbagliata».

Nel 1990, nella finale di Roma, la Germania mise Guido Buchwald a fare l’ombra di Maradona.

«Ma non era nemmeno il Maradona del 1986. Non era veloce come prima, va detto. E noi avevamo una squadra migliore rispetto all’86».

Erano tempi in cui la Serie A era il paradiso del calcio mondiale.

«E’ per questo che sono andato all’Inter nel 1987, perché volevo competere con i migliori. Dopo essermi trasferito da Mönchengladbach in Baviera, quello fu un passo logico per me. La Serie A era il miglior campionato del mondo all’epoca, con Platini, van Basten, Gullit e Rijkaard. Credo che se Brehme, Klinsmann, Berthold e io non fossimo andati in Italia a giocare con quella pressione ogni settimana, probabilmente non saremmo diventati campioni del mondo nel 1990».

Com’erano i duelli con Maradona in Italia?

«A differenza delle finali di Coppa del Mondo nell’86 o nel ’90 io lui giocava più offensivo, e anch’io. Partite sempre molto emozionanti. Era sempre “il sud povero contro il ricco nord”».

Nel 2000 la partita d’addio di Matthäus allo Stadio Olimpico di Monaco. Alcuni dicono che quella partita salvò la vita a Maradona. Era solo a Cuba, in una terribile crisi personale. L’invito lo salvò da se stesso.

«Se solo sapessi quanto è stato difficile raggiungerlo! Si era chiuso ed era circondato dalle persone sbagliate. Per farlo venire facemmo muovere decine di persone, famiglia, amici, voli in business class… Ma per me era importante solo averlo con me. Una partita d’addio senza Maradona, era impensabile. Lui si divertì come un pazzo. Gli applausi, l’atmosfera, il rispetto degli avversari, dei compagni di squadra che gli davano la palla… Praticamente non poteva camminare per quanto era sovrappeso. Ma quanto amore, quanto divertimento! È stato tutto sensazionale. Sono sempre felice per gli altri quando stanno bene. E Diego si sentì di nuovo bene in quel momento».

Le feste di Diego sono leggendarie. Matthäus ricorda la sua esperienza:

«Siviglia, 1991. Maradona si era trasferito lì e la sua prima partita (dopo la squalifica per doping) fu un’amichevole contro il Bayern. All’una o mezza di notte Maradona disse: Vieni con me! Gli chiesi se potevo portare Raimond Aumann e Jan Wouters con me. Volevano festeggiare, e sì, eravamo in tre. Quella era festa pura! Quella era una festa “vera”! Dalle cinque del mattino Maradona ha ballato sul tavolo a petto nudo. Un pazzo! C’era la sua Claudia ed era davvero felice di poter giocare di nuovo a calcio. E’ andato avanti fino alle sette del mattino, dovevamo essere all’aeroporto per le nove. Aumann aveva chiesto a Maradona la sua maglia: alle sette e un quarto la maglia di Diego era davanti alla camera d’albergo di Aumann».

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