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Il Napolista aderisce alla Convenzione di Ginevra, quindi non spara sulla Croce Rossa

Il Napoli di Giuntoli e Gattuso sfiora la titanica impresa di perdere in casa contro il Torino ultimo in classifica. Ci salva Insigne. Non sappiamo più cosa dire

Il Napolista aderisce alla Convenzione di Ginevra, quindi non spara sulla Croce Rossa

 

Il 22 agosto 1864 veniva firmata da 12 Stati europei la Prima “Convenzione di Ginevra per il miglioramento delle condizioni dei feriti delle forze armate in campagna”. Il documento, ispirandosi alle idee di Henry Dunant, ha gettato le basi del diritto internazionale umanitario contemporaneo, stabilendo regole universali per la protezione delle vittime nei conflitti, l’obbligo di estendere senza alcuna discriminazione le cure a tutti i militari feriti e malati, il rispetto del personale medico, del materiale e delle attrezzature sanitarie attraverso l’emblema protettivo della Croce Rossa, fondata un anno prima.

Il Napolista aderisce alla Convenzione di Ginevra. Non può sparare sulla Croce Rossa e dunque è costretto a limitarsi nel commento di Napoli-Torino. Qualcosa saremo costretti a scrivere. Ma proprio il minimo indispensabile.

Il Napoli di Gattuso e Giuntoli ha sfiorato la titanica impresa di perdere contro il Torino di Giampaolo ultimo in classifica. Gol del napoletano Izzo. E pareggio in extremis di Insigne che ha così evitato una clamorosa sconfitta e ha segnato un gol per il Napoli dopo 310 minuti di digiuno. Pareggio persino giusto. E dire che proprio ieri il Napoli ha vissuto la giornata più esaltante della stagione. E non è un caso che la vittoria più bella sia avvenuta in un’aula di giustizia (seppure sportiva) e non in campo.

Il nostro pensiero è piuttosto chiaro, è inutile che lo ripetiamo.

La percezione del Napoli è profondamente alterata da una narrazione mediatica a dir poco lunare. La mediocre realtà è che il Napoli, tranne rari esempi, è una squadra che non ha un gioco e – per usare una terminologia cara al tecnico – nemmeno un’anima. Comunque il Napoli è quinto con una partita in meno. Lontano nove punti dal Milan capolista di un campionato a dir poco mediocre. E anche stasera mancavano giocatori importanti come Mertens e Osimhen.

Dal suo arrivo a Napoli, Gattuso è stato sospinto dal vento della comunicazione che ne ha esaltato le presunte doti di stratega della gestione del gruppo. Articolesse e interventi radio-tv incentrati soprattutto sul ritorno alla fatica. Una pratica medievale. A Napoli gli operatori dell’informazione hanno propagandato l’idea che con Ancelotti si giocasse a tressette e che non ci si allenasse. Mesi e mesi di esaltazione del metodo Gattuso (in cosa consista resta un mistero). La frusta innanzitutto e la ferrea presa sugli obiettivi, pare.

Poi, com’è stato evidente anche stasera, questi allenamenti da Full Metal Jacket non sortiscono gli effetti sperati visto che la squadra non corre. Così come il ritiro in settimana ha partorito una prestazione inguardabile. Va riconosciuto che Gattuso non prova a edulcorare la realtà. «Teniamoci stretto questo pareggio» ha detto alla fine della partita.

Fin qui il risultato del metodo Gattuso sta tutto nella vittoria della Coppa Italia (sempre sia lodata) grazie a quattro partite catenaccio e contropiede. Sotto la Coppa Italia, ma anche sopra davanti dietro, niente. O comunque molto poco. Di fatto, la gestione Giuntoli Gattuso sta dolcemente abituando la tifoseria alla mediocrità. E la tifoseria deve anche tacere perché, in buona parte, ha esultato all’arrivo del tecnico calabrese.

Stasera a un certo ha mandato in campo Llorente che fin qui non aveva giocato nemmeno un minuto. Una mossa che possiamo serenamente definire della disperazione.

Non ci dilunghiamo oltre. A De Laurentiis sta bene così, ha piena fiducia in Giuntoli e Gattuso. Almeno così pare. Restiamo basiti ma di più non possiamo. Contento lui, scontenti tutti. È lui che ha creato questo Napoli. È lui che lo ha trasformato in una squadra in grado di competere in Italia e in Europa. È suo anche il diritto di gestirne il declino.

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