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Basta con questa storia del riscatto di Napoli attraverso Maradona

A proposito di Sorrentino. Napoli era strafottente, lontana anni luce dall’autocelebrazionismo di oggi. Anche più violenta. Non ambiva ad alcun riconoscimento

Basta con questa storia del riscatto di Napoli attraverso Maradona

Paolo Sorrentino, su Repubblica: «Fino al suo arrivo la convinzione di essere unici non aveva superato il casello di Caserta. Lui ci ha fatti uscire dal manicomio e ci ha resi, allo stesso tempo, fantasmagorici e possibili».

E non è proprio così. Almeno, io, quasi coetaneo di Sorrentino ed abitante all’epoca dei medesimi luoghi, non la ricordo così. Cioè: non ricordo questa voglia ossessiva di riscatto. Ma forse ricordo male.

Napoli non aveva la pretesa di essere unica perché un po’ lo era, di fatto, oggi di meno. Napoli aveva avuto Ferdinando Russo e Raffaele La Capria, Roberto Murolo e Sergio Bruni, Eduardo De Filippo e Peppino De Filippo, Totò e Viviani. Ed estimatori quali Goethe e Malaparte, da cosa doveva essere riscattata? Per restare agli anni ’80, Cutolo, che era uomo dell’entroterra sanguigno (e sanguinario, come mostrano le immagini che aprono “Il camorrista” di Peppino Tornatore), voleva riscattarsi, Napoli voleva essere semmai riconosciuta per ciò che era. Era i Giuliano, più che i Cutolo. Solo in questo senso può parlarsi di riscatto, ma non è esatto, riscatto e riconoscimento sono concetti diversi. Maradona, piuttosto, riscatta l’Argentina con la Mano de Dios, ma lì c’era stata una guerra…

Io ricordo benissimo la gioia per il primo e per il secondo scudetto. Fu spontanea e anche un po’ strafottente, a dispetto di qualche slogan revanchista ma sempre ironico. Mai il suo identitarismo – se di identitarismo si può parlare – non era affatto serioso e ostentato perché quando una identità ce l’hai, non hai bisogno di ostentare nulla. Si, Napoli era strafottente, lontana anni luce dall’autocelebrazionismo di oggi. Non ambiva ad essere vetrina di niente. Era maleducata e forse più violenta di oggi ma assolutamente incurante di ciò che si pensava di lei. Il riconoscimento cui aspira, e che con Maradona arriva, insieme ad una buona dose di odio, non è ancora un’ossessione, non ci mandava al manicomio. Per un verso, Napoli era più ingenua, non sapeva vendersi, ora rende turismo anche i vasci; per un altro verso era più genuinamente cattiva e politicamente scorretta. Non sapeva cosa fosse il gourmet e il folclore era roba spontanea, non ancora folclorismo.

Per capirci, la sintonia con Diego e col Napoli dello scudetto era nell’identificarsi – il tifo, la città – in un’immagine come questa. Lontana, assai lontana da quello che anche in questi ultimi anni la squadra ha rappresentato con la sua immagine.

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