ilNapolista

Quanto conta l’autorità sanitaria per il calcio? A giudicare dalle sentenze, praticamente nulla

Il giudice sportivo si era dichiarato incompetente sul tema, ma ha giudicato irrilevante la comunicazione dell’Asl in quanto richiesta dal Napoli. E lo stesso fa Sandulli

Quanto conta l’autorità sanitaria per il calcio? A giudicare dalle sentenze, praticamente nulla

La sentenza con cui la Corte d’Appello Federale ha confermato la sconfitta del Napoli per 3-0 e la relativa penalizzazione, segna un punto di partenza per la giustizia sportiva ai tempi della pandemia. Tanti sono gli aspetti che vengono messi in risalto dalla pronuncia della Corte, dai contenuti emersi nella ricostruzione della vicenda ai toni molto duri che hanno caratterizzato il dispositivo. Quello che invece viene posto in analisi adesso esula dalle questioni di merito del provvedimento: non interessa, insomma, dare torto o ragione a una delle parti. Ma riflettere sul ruolo che le autorità sanitarie, nazionali o locali che siano, ricoprono in termini decisionali nel calcio.

È nella considerazione delle Asl che risiede la vera svolta dal punto di vista giurisdizionale. La sentenza del secondo grado, infatti, ne ha ulteriormente ridimensionato l’importanza, cosa che si era già verificata nella pronuncia del Giudice Sportivo, ma con modi più pilateschi. Quest’ultimo infatti si era espresso così in via preliminare:

È pertanto preclusa a questo stesso Giudice, come da noti principi, ogni valutazione sulla legittimità (e, ancor più, ogni eventuale forma di disapplicazione) di atti e provvedimenti, in qualunque forma adottati, delle Autorità sanitarie statali e territoriali, nonché delle Autorità regionali, posti in essere a tutela della salute di singoli o della collettività.

E poi ne aveva comunque stabilito l’irrilevanza al termine della statuizione:

Deve in definitiva affermarsi il principio che non si può far valere una causa esterna oggettiva di impossibilità della prestazione, quale è appunto la forza maggiore, nel caso declinata come ordine dell’autorità, quando la prestazione sia stata da tempo unilateralmente rinunziata (non conformemente, peraltro, alle indicazioni dell’Ente organizzatore) e sia divenuta ormai nei fatti impossibile, atteso che in tal caso la sopravvenuta vis esterna diviene in concreto irrilevante.

Il concetto è stato ribadito con maggiore fermezza dalla Corte d’Appello Federale, che dopo aver individuato “la preordinata volontà della società ricorrente di non disputare la gara”, ha poi ribadito questa posizione:

Il soggetto che si sia posto, volontariamente e preordinatamente, nelle condizioni di non fare una cosa, non può, poi, invocare, a propria scusante, la sopravvenienza di una causa successiva, peraltro per nulla autonoma rispetto alla condotta posta in essere dalla Società ricorrente (la nota del 4 ottobre 2020, ore 14:13 della ASL Napoli 2 Nord costituisce, infatti, la risposta all’ennesima richiesta di chiarimenti della Società ricorrente) che non gli ha consentito di fare quella cosa.

Si evince quindi che il provvedimento dell’Asl, quindi di un’autorità statale, viene indebolito da due fattori: la volontaria ricerca dello stesso e in secondo luogo, collegata, la tempistica. In sostanza, l’interrogativo è: la richiesta di una disposizione favorevole da parte di un’autorità statale e l’emanazione successiva alle azioni che indicano la colpevolezza del Napoli, bastano a renderla “in concreto irrilevante”? Ancora: l’ordinamento sportivo ha il potere di giudicare l’opportunità della stessa disposizione?

Ribadito che non c’è alcuna intenzione di entrare nel merito della decisione e che – come il senso civico impone – si assume come vera la ricostruzione esposta nelle due pronunce della giustizia sportiva, diventa ancor più difficile comprendere quanto peso abbiano le autorità sanitarie territoriali e dove cominci la loro facoltà di intervento nel permettere ad una squadra di spostarsi o lo svolgimento di una manifestazione sportiva.

Un aspetto, questo, che esula dal principio di lealtà sportiva che prima il Giudice Sportivo e poi la Corte d’Appello Federale hanno difeso più o meno strenuamente. Si tratta infatti di stabilire limiti e gerarchie che al momento si perdono nella genericità della normativa vigente. Se da un lato il legislatore non può essere indicato come unico responsabile di questa fumosità, vista comunque la straordinarietà della situazione che il mondo sta fronteggiando, dall’altro la sentenza dell’appello avrebbe potuto fornire quantomeno un indirizzo in tal senso, cominciare a segnare una strada, in attesa di una disposizione codificata e precisa che arrivi dagli organi statali. Dal momento che, visto il tenore del provvedimento, alla Corte non manca sicuramente né il vigore nell’applicazione delle regole né lo spirito di protezione nei confronti dei principi sacri dell’ordinamento sportivo.

ilnapolista © riproduzione riservata