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Petra, la miniserie ispirata alla Petra Delicado di Alicia Giménez-Bartlett

Un buon prodotto, con la regia di Maria Sole Tognazzi. Ma l’ispettrice italiana sembra troppo impegnata a dimostrare ai colleghi la sua bravura e fragile e un po’ frigida nei rapporti amorosi 

Petra, la miniserie ispirata alla Petra Delicado di Alicia Giménez-Bartlett

Amo profondamente la scrittrice catalana Alicia Giménez-Bartlett: l’inventrice di Petra Delicado, l’ispettrice catalana che insieme al fido Fermín Garzón risolve i delitti in una Barcellona piena di vita e di morte, facendosi coccolare dalla sua famiglia allargata malusseniana.

La Giménez-Bartlett mi piace proprio leggerla soprattutto d’estate o in quei pomeriggi invernali che non finiscono più: perché ha una lingua saporita come Vazquez Montalban, ma ha quel tocco che solo le scrittrici donne aperte al mondo sanno dare.

Quando ho saputo che Sky Atlantic – su produzione Cattleya – avrebbe mandato in onda una sua serie l’ho annotata nella mia memoria di voyeur delle immagini. Già dalla prima puntata – “Riti di morte”; è una miniserie di quattro – ho provato quella estraneità che è tipica dei fedeli di una religione: quando si leggono estratti divulgativi di una  sacra scrittura che non corrisponde ai canoni di quella in cui credi.

L’ispettore Petra Delicato (Paolo Cortellesi) è un poliziotto relegatosi in un archivio della Questura di Genova dove un mero accidente la rimette in strada per scoprire chi è quello stupratore di giovani ragazze che terrorizza i carruggi. A fianco di Petra – donna che ha due matrimoni alle spalle ed una voglia di solitudine vera – c’è il vicequestore Antonio Monte (Andrea Pennacchi) con cui si scontra caratterialmente nelle sue indagini con un sottinteso di ammirazione di fondo. Dopo pochi fotogrammi si capisce che la Petra di Zena è totalmente diversa da quella catalana e che la serie italiana ha soggetto e sceneggiatura diversi – Furio Andreotti, Giulia Calenda, Ilaria Macchia (in collaborazione con Enrico Audenino) – ed è solo ispirata a quella originale. Andando avanti nella visione comunque si viene attratti anche da questo personaggio più vicino ad una quarantenne indipendente che possiamo trovare spesso nei nostri vissuti odierni.

Un buon prodotto, con una buona regia: quella ferma di Maria Sole Tognazzi che abbiamo apprezzato in film già cult come “Viaggio sola (2013)” e “Io e lei (2015)”. Ma la domanda è fin troppo banale: perché con la miriade di investigatori, commissari, etc.. che la nostra infinita serie di giallisti e noiristi indigeni sforna editorialmente si ricorre ad un prodotto altro adattandolo ad una donna italiana dei nostri giorni? Perché no, potrebbe rispondere il soggettista di turno: avevo i diritti e l’ho fatto, chi me lo vieta? Nessuno, ma ai lettori pazzi della Petra barcellonese la cosa provoca un minimo di spaesamento: e non solo per la differenza tra scrittura e racconto per immagini. La Petra catalana è una investigatrice in gamba ed efficiente che non deve prendere lezioni dai colleghi maschi: è anche una donna che ha una sua personalità ferma ed aperta alla vita ed alle sue esperienze. La Petra italiana, pur essendo indipendente, appare troppo impegnata a dimostrare ai colleghi la sua bravura, e per quanto concerne i suoi rapporti amorosi, appare fragile ed un po’ frigida, nonostante la sua determinazione caratteriale. Si voleva forse dimostrare questa differenza tra le due koinè culturali? Un po’ troppo arzigogolata per noi.

Ma forse il problema è nostro che abbiamo letto l’originale. Perché poi la Petra italiana nel panorama della nostra fiction resterà per la sua propria originalità, seppure ispirata.

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