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Nei libri di Carlotto, Buratti è più profondo. Ma la serie tv “L’Alligatore” gli si avvicina molto

Rai2 la lancerà in prime time il 24 novembre alle 20.45 ed è in visione su Raiplay. Ottimo il lavoro del regista Vicari

Nei libri di Carlotto, Buratti è più profondo. Ma la serie tv “L’Alligatore” gli si avvicina molto

È passato un po’ sotto silenzio anche in rete “L’Alligatore” la nuova serie che Rai2 lancerà in prime time il 24 novembre alle 20.45 – è in visione la prima puntata “La verità dell’alligatore” su Raiplay – una nuova produzione Rai Fiction e Fandango, che è tratta dai noir del patavino Massimo Carlotto, l’inventore del più strambo degli investigatori privati: quel Massimo Buratti che per quanto concerne la letteratura di genere è già un cult da quando nel 1995 la pregiata casa editrice E/O ne pubblicò il primo titolo.

Chi poteva buttarsi in quest’avventura se non uno con le spalle larghe come il regista Daniele Vicari affiancato da Emanuele Scaringi; la sceneggiatura è affidata, invece, a Laura Paolucci e Andrea Cedrola: sempre con la supervisione di Carlotto.

Buratti (Matteo Martari), dopo 7 anni è uscito da galera, incastrato dalla polizia che ha coperto dei trafficanti di droga per tutelare l’opera animalista dell’amico Max La Memoria (Gianluca Gobbi). Il suo unico pensiero oltre al blues ed ai liquori è ritrovare Greta (Valeria Solarino) la cantante di cui è innamorato. Ma subito dopo la sua uscita dal carcere viene risucchiato in un’altra vicenda: l’avvocato Barbara Foscarini (Maria Rosaria Russo) lo ingaggia – nel locale de la “Cuccia” gestito da Virna (Eleonora Giovanardi) – per ritrovare Alberto Magagnin (Luca Filippi), un suo compagno di cella che è sparito ed ha ripreso a drogarsi. Marco allora si fa aiutare da un altro del carcere, della mala milanese, il contrabbandiere Beniamino Rossini (Thomas Trabacchi). Le vicende di quella che è la prima parte della prima puntata – ne sono previste 4 – si ingarbugliano con un omicidio di una donna, Piera Belli, che aiutava Alberto.

Non si può giudicare una serie dalla prima puntata – sempre più lenta delle altre perché c’è da presentare storia e personaggi – ma se sul ritmo della miniserie ci pronunceremo dopo, possiamo dire come la trasposizione è stata effettuata perché siamo lettori di Carlotto della prima ora. Se le musiche scelte da Theo Teardo ci riportano la bella musica di Alessandro Portelli che per anni ha registrato per le strade e nelle case della Louisiana il blues “originario”, sui personaggi abbiamo le nostre rimostranze. Gli sceneggiatori hanno eluso la profondità di pensiero che nei noir costituiva una delle caratteristiche di Marco Buratti; ma queste sono scelte che si fanno ab origine e le rispettiamo.

Per il resto la lentezza scelta da Vicari e Scaringi rispecchia il personaggio Buratti nel suo essere un uomo espunto da ogni contesto e mosso solo dall’amore, dal Calvados e dal blues. L’Alligatore fluttua nelle paludi della laguna ed è a suo agio nel tentativo di stordirsi con l’alcool per dimenticare gli episodi avversi della sua vita che lo hanno portato a rinunciare al fare musica con la sua band. In conclusione una serie fuori dagli schemi e dagli schermi soliti: chissà come un pubblico generalista potrà accogliere quello che a nostro giudizio è un bel rischio preso da Rai Fiction.

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