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Grazie Cruciani e Mughini, ci ricordate che cos’era l’Italia che ha odiato Maradona

Le loro provocazioni restituiscono il clima di quegli anni molto meglio della retorica di queste ore: la rilettura edulcorata e confortevole di tutto quel periodo è fuori fuoco

I “ma”, i “però”. I distinguo, vivaddio. Quanto profuma di anni 80 Mughini che arringa sulla non-santità di Maradona, “uomo sfatto, frantumato, “da se stesso e per le sue abitudini”. Quanto è prevedibilmente irritante Cruciani, anche quando sta zitto figurarsi se poi dice che “non si può santificare un cocainomane”.  Non la sentite anche voi questa arietta friccicosa, il brivido della crepa, della cattiveria, dell’odio (annacquato, ma fa brodo lo stesso)? E’ il clima nel quale è cresciuto, ha vinto, ha regnato da sovrano rivoluzionario Maradona. Non la melassa. Non l’amore universale. Figurarsi la beatificazione in vita d’un uomo che come ha scritto Massimiliano Gallo era profondamente odiato per il ruolo politico che s’era cucito addosso.

La retorica sta coprendo di ora in ora un paio di decadi orgogliosamente cattive. Sta ammorbidendo – comprensibilmente – l’atmosfera, raccontandone la parte emozionale ed emozionante. Ma se proprio vogliamo raccontare quel che è stato, tocca sporcarsi le mani, dirsi le cose come stavano. Perché Maradona era un insieme di spigoli, era affilato, tagliava, pungeva. E incassava, tantissimo.

Altro che Mughini e Cruciani – con tutto il rispetto per il loro ruolo da villain pecorecci – ai tempi Maradona, e il Napoli, e sì anche tutto il sostrato di lotta nord-sud, aravano campi minati: in tv, sulla stampa, nei salotti e nel Palazzo.

Sono tempi questi in cui ci si offende per nonnulla, dappertutto. A uno come Cruciani basta scrollare un sopracciglio per fare la raccolta delle offese che lo nutrono. Ma ai tempi – per capire la “pesantezza” dell’ambiente – ad un certo punto invitarono in tv Cesare Casella, fresco di due anni di sequestro, per veicolare il messaggio: Maradona gli stava antipatico perché non era un modello positivo per i ragazzini.

Tutte le rose e tutti i fiori che i ricordi stanno distribuendo sulla narrazione dell’epopea maradoniana, e del suo passaggio in Italia, erano fatti anche di spine. La zuffa, di cui scorgiamo nelle provocazioni di Cruciani e Mughini appena gli accenni, era continua. L’ha detto Platini nella bellissima intervista concessa a L’Equipe: “i giornali italiani ci mettevano contro ogni domenica, pure se giocavamo contro solo due volte all’anno”.

La rilettura edulcorata di tutto quel periodo è ingiusta: rassicurante, confortevole, ma sbagliata. I “ma”, i “però”, i santi che non si fanno i cocaina, era quella la vita di Maradona in quell’Italia falsamente conformista. Quasi tocca ringraziarli, Cruciani e Mughini.

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