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Platini: “Sono arrabbiato con la gente che stava intorno a Maradona, ne ha solo approfittato”

A L’Equipe: “Non credo che ci saranno tre giorni di lutto nazionale, in Francia, per Zidane o per me, quando moriremo”

Platini: “Sono arrabbiato con la gente che stava intorno a Maradona, ne ha solo approfittato”

“Mi ero preparato a sentire un giorno, alla radio, l’annuncio della scomparsa di Diego Maradona. Ma è difficile, perché c’è la nostalgia che arriva, la malinconia”.

Questo è Michel Platini, nel giorno della morte della sua nemesi. Intervistato da L’Equipe, il grande numero 10 della Juve parla del suo “rivale”. Ricorda la prima volta che l’ha affrontato:

“Era a Buenos Aires, 1979, al River Plate, in una partita Silverine – Resto del Mondo. Enzo Bearzot mi chiese di venire a giocare, perché voleva che ci fosse un francese in rosa. Ero in Martinica con mia moglie, ero tutto abbronzato. Maradona lo marcava Tardelli, aveva provato a colpirlo dall’inizio alla fine e non era mai riuscito a prenderlo“.

Cosa ha pensato quando ha saputo la notizia?

“C’è così tanto da dire… Ho pensato che vorrei essere stato in buona forma e non aver giocato infortunato ai Mondiali del 1986. Ho pensato che avremmo potuto risolvere tutto in finale, a Città del Messico” (Sorride, scrive L’Equipe). Avremmo potuto fare come Cruyff contro Beckenbauer nel 1974. Peccato”.

Platini commenta le “cadute” di Maradona:

“Penso che soffrisse, che fosse un ragazzo malconcio. Non lo biasimo per i suoi difetti, ma sono arrabbiato con chi gli è stato intorno. Tutte le persone intorno a lui ne hanno approfittato e non l’hanno aiutato. Ma c’è anche dell’altro: è stato il prodotto di un Paese, l’Argentina, e di una città, Napoli, di cui è stato l’orgoglio, e che gli hanno concesso tutto in cambio. È anche figlio di una passione, di una cultura. Era il figlio di un paese in cui il calcio è sovrano, e lui ne è stato un re bambino. Non credo che ci saranno tre giorni di lutto nazionale, in Francia, per Zidane o per me, quando moriremo”.

Platini racconta com’era giocare la domenica pomeriggio al San Paolo contro il Napoli di Maradona:

“Arrivavi all’aeroporto di Napoli il giorno prima e c’erano già 2.000 persone per accoglierti, per così dire. Alle 13 del giorno della partita lasciavano il nostro hotel a Salerno e ci dirigevamo allo stadio, scortati da centinaia e centinaia di vespe guidate da napoletani. Poi camminavi per il centro di Napoli, dove c’erano le strade deserte, ma era perché le nonnine erano alle finestre per farti gesti osceni. (Sorride). Finalmente arrivavi allo stadio, e c’erano 80.000 persone, e lì era quasi più tranquillo. Ma c’era rispetto. Diego, ad esempio, rispettava i suoi avversari, non provocava mai”.

Platini non cade nella retorica del “più grande”. Per lui il più grande era Cruyff.

“Ho giocato contro Maradona, e ovviamente era uno dei più grandi, ma amavo Cruyff. Per me Cruyff era il migliore. C’era Pelé, ma non l’ho visto giocare fino al Mondiale del 1970, e non è più umano, è un’altra cosa. Se la rivalità Pelé-Maradona è sempre esistita, è anche perché c’era la rivalità tra Brasile e Argentina, e ciascuno dei due paesi voleva avere il miglior giocatore della storia”.

Per Platini a Maradona “tutto è stato perdonato. Perché la gente capiva che non era responsabile di tutto”.

“Una volta ho detto che ciò che Zidane fa con la palla, Maradona lo fa con un’arancia. Non era per criticare “Zizou”, ovviamente, ma Diego sapeva fare cose fantastiche con una palla, poteva anche essere un giocoliere di strada, è così che è cresciuto, ed è un un po’ così che ha vissuto“.

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