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Ferdinand: «Dopo nove anni, sono riuscito a raccontare gli insulti razzisti ricevuti da John Terry»

Il caso che squassò l’Inghilterra diventa un documentario: «I miei genitori volevano che parlassi. Non riuscii a farlo. Racconto tutto quel che subimmo»

Ferdinand: «Dopo nove anni, sono riuscito a raccontare gli insulti razzisti ricevuti da John Terry»

Due pagine sul Telegraph. Due pagine per uno dei casi di razzismo più eclatanti del calcio, non solo inglese. Nove anni fa, nell’ottobre 2011, in una partita tra Chelsea e Queens Park Rangers, John Terry rivolse il “fottuto negro di merda” ad Anton Ferdinand con cui aveva avuto uno screzio in campo e che gli aveva rinfacciato la relazione extraconiugale con la moglie di un suo compagno di Nazionale.

Capello si dimise in contrasto con la Federazione. Si oppose alla decisione di togliergli la fascia di capitano prima della conclusione del processo. Una presa di posizione criticata dall’allora primo ministro Cameron. Terry fu poi assolto perché la dinamica lasciava qualche dubbio, non sul labiale in sé ma sull’intera dinamica.

In tutti questi anni, Anton Ferdinand – fratello di Rio – non aveva mai parlato. Lo ha fatto per questo documentario che sarà trasmesso lunedì dalla Bbc – Football, Racism and me – ha dedicato.

«Mi sono portato il fardello di non parlare per tutto questo tempo, per nove anni». Scrive il Telegraph:

Finora il mondo è stato ignaro del dolore che Ferdinand ha sopportato. «Mi sono preso a calci e pugni in tutti questi anni per non aver parlato».  Il Telegraph lo ha intervistato.

Ferdinand ricorda che suo figlio di sette anni ha chiesto: “Papà, come mai quando cerco su Google il tuo nome ci sono foto di te e John Terry?”

Ferdinand scelse di non parlare perché voleva solo giocare e si fidava delle autorità. Ma da allora la sua carriera è stata in declino: “ho odiato il calcio per molto tempo. Mi piaceva giocare, ma odiavo ciò che rappresentava”.

Il suo senso di vergogna e dolore si è amplificato perché sua madre bianca e suo padre nero volevano che parlasse pubblicamente di quel che successe con Terry.

«Io e Rio siamo stati educati a parlare. – dice Ferdinand – Ecco perché mia madre e mio padre erano così irremovibili e dicevano: “parla”. Mi ha ucciso comportami in modo contrario alla educazione ricevuta. All’epoca mi dissero di non parlare perché  avremmo potuto ostacolare l’indagine. Avrei voluto parlare, ma c’era tanta pubblicità e questioni legali. E, onestamente, la pressione era eccessiva».

Racconta che alla madre sputavano perché aveva un bambino nero nel carrozzino e aveva sposato un nero. Nel documentario, Anton ricorda di essere stato molestato dalla polizia.

Dopo l’episodio con John Terry, fu presa di mira la casa della madre. Lancio di uova e mattoni. Minacce di morte.

Era emozionato all’idea di giocare contro il Chelsea.

Fu un derby duro. Avevano due giocatori espulsi, e noi stavamo vincendo. Loro erano disperati. John si avvicinò per provare a intercettare un lungo lancio e io lo spostai. Cadde in maniera plateale cercando di ottenere un rigore e mi voltai e gli dissi: “alzati, sei più grande di me”. È venuto verso di me, ci siamo spinti, ci siamo scambiati delle frasi, e poi lui ha detto quel che è stato immortalato dalle telecamere. Io non avevo sentito nulla.

Scrive il Telegraph che poco dopo il fischio finale, Terry chiese di vedere Ferdinand.

“Facemmo una chiacchierata nello spogliatoio. Mi chiese se stessi bene. Risposi di sì, non sapevo cosa fosse successo. L’ho abbracciato e poi salito. La mia famiglia era in un box. Ero così felice. Mia madre mi chiese se stessi bene. Certo, risposi, abbiamo appena battuto il Chelsea. Mia madre disse: “John Terry ti ha rivolto insulti razzisti?”. Risposi no. “E allora faresti meglio a guardare questo”.

La madre lo bloccò, disse che non era il momento. Il video era diventato virale.

Ero ferito e arrabbiato. Le persone che non hanno subito insulti razziali, non potranno mai capirlo, è per questo che ho realizzato il documentario, per mostrare gli effetti a catena.

Nel documentario, Ferdinand evidenzia un netto contrasto tra la conversazione amichevole della Federazione a Terry e il suo che invece sembrava un interrogatorio.

Terry non ha voluto partecipare al documentario. Ha detto che non voleva riaprire una pagina chiusa della sua vita.

Ferdinand non è né arrabbiato né amareggiato. Dice al Telegraph: «Rispetto la sua decisione. Volevo solo che capisse che è una questione più grande di me e di lui».

La madre si è poi ammalata di cancro ed è morta.

Il documentario si conclude con Ferdinand che attraversa il campo, guarda il cielo e piange.

«So che mia madre sarebbe stata orgogliosa di vedermi possedere di nuovo la mia voce. Continuavo a dire: ‘Mamma, l’ho fatto. Ho parlato»

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