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Se spegnessimo le tv, questo calcio si sgonfierebbe in un attimo

Chi esce peggio da questa situazione è il governo messo a tacere da una sentenza improntata al the show must go on, altrimenti crolla tutto

Se spegnessimo le tv, questo calcio si sgonfierebbe in un attimo

Dobbiamo ammetterlo, la colpa è nostra. Noi chi? Noi tutti che seguiamo il calcio prevalentemente attraverso la tv. Eh sì, perché è cosi che si finanzia principalmente la terza industria del Paese: il calcio. Prevalentemente con i diritti televisivi. Molto più di quanto non accada negli altri Paesi, soprattutto per la scarsa abilità di chi da anni lo gestisce.

Lo ha candidamente dichiarato De Siervo, ironia della sorte figlio di uno dei più noti giuristi italiani: se rimandavamo Juve-Napoli rischiavamo di non finire il campionato e il calcio falliva. Certo, veniva messo in mora da chi detiene i diritti televisivi, con i quali è già in atto un contenzioso per la sospensione dello scorso anno e la frettolosa conclusione estiva del campionato, che ha prodotto una morìa enorme di spettatori, con conseguenti danni economici per le emittenti. Dunque, il pallino lo tengono in mano costoro e, come leggiamo in questi giorni, sti sta cercando di sfilarglielo o almeno farselo pagare molto di più con una ridefinizione dell’assetto della Lega mai prima concepito.

In questa intricata e delicata situazione c’è un presidente a cui che cosa salta in mente: il rispetto delle regole. O ancora peggio, porre domande all’autorità a cui è demandata la salvaguardia della salute pubblica, particolarmente rilevante – sembrerebbe a tutti tranne che al mondo del calcio – in regime di pandemia.

Tante sono state le dietrologie di questi giorni. Perché lo ha fatto? C’era quel bel protocollo così confuso e contraddittorio da far arrossire il manzoniano Azzeccagarbugli! A proposito, chi esce peggio da tutta questa faccenda sono i ministri dello Sport e della Salute che hanno sentenziato seccamente (il ministro Speranza il 4 ottobre: mi sembra sia già deciso che la partita non si fa!; Spadafora: il protocollo si riferisce a un periodo diverso dall’attuale) e poi, di balbettio in balbettio, si sono distratti. Insomma, hanno confermato di non essere in grado di gestire il mondo dello sport nemmeno durante un’emergenza mondiale come questa.

E in tutto questo tu Aureliuccio mio che vai a fare: vai a chiedere chiarimenti? Si sa, occhio che non vede squadra che può partire!

Da lì le mille supposizioni. Lo ha fatto perché era infastidito dall’essere stato snobbato da Juve e Lega per la sua prima richiesta di rinvio. Lo ha fatto perché era rimasto male dal linciaggio mediatico dopo la sua positività al Covid-19, con risa e sberleffi diffusi. Lo ha fatto perché è un guascone. A nessuno che sia venuto in mente: lo ha fatto perché lo prevede finanche quel confuso protocollo.

Figuriamoci, il rispetto delle regole proprio nella caotica, indisciplinata e un po’ farabutta Napoli … mah, chissà che c’è dietro!

Supposizioni, tutte supposizioni. Probabilmente anche fondate, ma non più di quanto lo fossero quelle avanzate da tanti malpensanti due anni fa, quando presumevano che all’arbitro internazionale Orsato fosse arrivata qualche voce dall’alto di comportarsi bene in Inter-Juve se un domani – che so – avesse voluto arbitrare la finale della Champions.

Supposizioni maliziose, forse anche un po’ più fondate di quelle attuali verso il Napoli, considerando che la squadra che se ne sarebbe giovata, nel passato era stata accusata di aver chiuso a chiave un arbitro negli spogliatoi! A proposito, anche questo fa parte del consueto rispetto delle regole a cui la medesima squadra si è recentemente appellata? E se del caso, di che tipo di regole stiamo parlando?

A me vengono delle idee, le stesse che mi fanno ritenere questa sentenza di primo grado un avviso a tutti – squadre, addetti ai lavori, ASL – non ci provate che se ci tolgono le rate dei diritti televisivi siamo rovinati.

Quindi, ribadisco, è colpa nostra che quelle rate le paghiamo con i nostri abbonamenti per interposte emittenti!

Mi sa che ha ragione mio figlio e un manipolo di suoi amici, progressivamente allargatosi fino a superare il migliaio, che stufi di quanto non funzionasse nel calcio professionistico, hanno rilevato una squadra dalla terza categoria, portata grazie all’azionariato popolare in Eccellenza, avviato delle scuola-calcio nei quartieri più degradati di Firenze, coinvolgendo neo-immigrati  e organizzando tante iniziative conviviali in queste comunità, e alla domenica vanno tutto a seguire il loro Lebowski (così si chiama la squadra). Un calcio popolare che sta resistendo anche alle difficoltà del tempo, particolarmente insidiose – anche se non viste – nelle serie inferiori!

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