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Quando De Luca va in tv, non sai più se hanno invitato il Governatore o il comico

Il personaggio s’è mangiato l’istituzione, e i problemi dei cittadini sono un danno collaterale. Parla cinque minuti di politica e poi Fazio passa al “facce ride”

Il problema non è Vincenzo De Luca. E nemmeno i suoi travestimenti, il repertorio: i lanciafiamme, i cinghialoni, Halloween o l’ultima arrivata, la bagnacauda. Il problema è la sua percezione. De Luca probabilmente ne è conscio: non appartiene più a se stesso, non è più padrone della sua immagine. E ci marcia. Se va in tv ,non sai più se hanno invitato il Governatore o il comico. Ed è un problema. Non tanto per lui che da questa ridefinizione da Bagaglino trae visibilità e voti. Ma per noi. Perché dietro di lui ci sono i cittadini della Campania, con i loro problemi, persino con delle rivendicazioni, con delle istanze che De Luca potrebbe o dovrebbe difendere sul piano della comunicazione nazionale. I cittadini sono un danno collaterale della sua trasformazione in stand up comedian.

I media ormai trasmettono l’ansia di dover sfruttarne i tormentoni, gli sketch. I suoi discorsi alla cittadinanza finiscono spezzettati un tanto al giga, tagliati per diventare virali sui social. Parla un’ora snocciolando cifre e statistiche, morti e letti in terapia intensiva, tamponi e sierologici, e poi online ci finiscono i due minuti di folklore: le esagerazioni, le invettive. Che peraltro ormai sembrano assoli da consumato protagonista delle scene. Il personaggio s’è mangiato l’istituzione. E pure i suoi primi performer: De Luca che fa De Luca è meglio di Crozza che fa De Luca. L’originale è ineguagliabile, per i collezionisti di meme.

Ma non è rassicurante.

Chiamato da Fabio Fazio a “Che tempo che fa” ufficialmente per parlare della chiusura delle scuole in Campania – una misura drammatica per le sue implicazioni sociali e filosofiche – dopo un paio di domande un po’ svogliate, il conduttore fremeva: “Ora però alleggeriamo un po’”. Perché? Cosa hai da alleggerire, in quel momento? Conte sta per fare la sua ennesima conferenza stampa pre-lockdown, hai in collegamento il presidente di una Regione che, unica in Italia per ora, ha scelto di sacrificare l’educazione dei giovani invece del libero aperitivo in libera piazzetta, e che fai? Alleggerisci?

Sì, alleggerisce:

“Presidente che cos’ha contro Halloween? E il 3-0 a tavolino al Napoli? Non sarà mica juventino lei…”.

L’hanno invitato apposta. Serve alla grammatica dell’intrattenimento: è il fenomeno baraccone, e quello è un circo. Oggi si chiama fenomeno da audience. Niente di nuovo, non siamo così suscettibili. Ma il “facce ride” che scatta automatico ogni volta che De Luca si presta, ha rotto irreparabilmente il gancio con la realtà. Disinnesca il tono generale, lo svilisce. E spazza via ogni possibile ambizione del cittadino campano a vedersi rappresentato seriamente. Lui e i suoi problemi.

Per quanto De Luca si sforzi di tenersi nel registro del contegno e della seriosità – la spigolosità era la sua cifra da Sceriffo prima che si lasciasse trascinare dal mattatore – sono difficili da rendere drammaturgicamente senza stancare. Ma quelli che prima potevano considerarsi inciampi, sono diventati un copione. Per cui il suo pubblico ora non aspetta altro: vediamo contro chi la spara grossa oggi.

Sul lungo periodo è come se De Luca si fosse perso nella sua stessa rappresentazione. E noi con lui. Totalmente sopraffatti dal peso mediatico dei suoi “pezzi” da cabaret. Abbiamo perso la speranza di poterlo criticare o sostenere in quanto presidente di Regione senza incappare nell’eccezione bonacciona: “sì, ma quanto mi fa ridere”.

Ecco, non c’è proprio più niente da ridere.

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