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Gli olandesi che vincono a Napoli col catenaccio: è la rivincita del calcio all’italiana

L’Az Alkmaar, squadra della patria del calcio totale, ha battuto la squadra di Gattuso con un disegno tattico preciso. Qualcuno può dire che l’Inter di Herrera non fosse spettacolare?

Gli olandesi che vincono a Napoli col catenaccio: è la rivincita del calcio all’italiana

Stupore. Questa la sensazione che mi ha provocato la partita tra il Napoli e l’Az Alkmaar. Non delusione. Per la prestazione molto modesta del Napoli. Ma stupore. E voglio spiegare il perché.

Per farlo devo partire da lontano.

Nel calcio Olanda è sinonimo di calcio totale. Una organizzazione  di gioco spettacolare. Nella quale nessun giocatore era vincolato ad un ruolo rigido. Vide la sua massima espressione negli anni 70 con l’Ajax e con la nazionale olandese. A svilupparlo Rinus Michels. Con un manipolo di grandi calciatori Krol, Neeskens…ma su tutti  il mitico Johan Cruijff. Il prodotto fu un gioco incantevole. Che fruttò all’Ajax titoli su titoli tra cui tre Coppe dei Campioni. La nazionale perse per due volte di fila la finale del campionato del mondo. Il cosiddetto calcio all’italiana, catenaccio e contropiede, sembrò destinato all’eclissi totale. E quasi quasi chi si ostinava a praticarlo, sia pure in forma riveduta, veniva additato come un nemico della bellezza.

Ebbene l’Az Alkmaar è venuto a vincere a Napoli praticando sostanzialmente il catenaccio. Rinunciando a contrastare il Napoli nella sua metà campo. Niente pressing. 90 minuti con dieci giocatori dietro la linea della palla. Insomma la squadra olandese è venuta a rubare a casa dei ladri. Vincendo, meritatamente, con il gioco all’italiana. Si, meritatamente. Perché la vittoria è stata frutto di un disegno tattico preciso. Messo in atto con grande applicazione. Si potrà dire che ha fatto un solo tiro in porta, che il Napoli ha sciupato un paio di  occasioni… ma questo non rileva. Nel calcio, come nella vita, senza un pizzico di fortuna non vai da nessuna parte.

In fondo il vecchio catenaccio si è preso una bella soddisfazione. Costringendo proprio gli eredi  del calcio champagne a tirarlo fuori dalla cantina. A riprova del fatto che non esiste una tattica migliore di un’altra. Ma soltanto situazioni ed interpreti.

Forse vale la pena per i più giovani ricordare che cosa è stato il catenaccio.

Innanzitutto non è che prima di Cruyff e soci il calcio fosse brutto. Era il tempo del dio pareggio. Due punti se vincevi. Uno se impattavi. Molto spesso le squadre, specialmente fuori casa, giocavano per il pareggio. Le più deboli contro le più forti giocavano per il pareggio anche in casa. Anche destate, nei tornei sulla spiaggia, la parola dordine era ”Prima non prenderle”.  Il catenaccio traduceva una idea di gioco elementare. Togliere un attaccante ed aggiungere un difensore. Il quale era “libero” da obblighi di marcatura. Si sistemava alle spalle di tutti e andava in soccorso di un qualunque compagno.

Sostenitore di questo sistema fu Gianni Brera. Lo riteneva adatto ai calciatori italiani  per motivi antropologici. A suo modo di vedere i calciatori italiani non avevano la struttura fisica per competere attraverso  un gioco offensivo. Le compagini italiche dovevano affidarsi allastuzia, allintelligenza tattica. Il catenaccio, e il contropiede , costituivano una sintesi di queste caratteristiche. Molti i successi ottenuti  con questo dispositivo. L’Italia  vinse un europeo nel 1968. Disputò la finale mondiale nel 1970. Poi vinse il mondiale del 1982 in Spagna. Ma forse i maggiori successi furono ottenuti a livello di club.

Il più grande gestore del catenaccio fu Helenio Herrera. Allenatore argentino dellInter di Moratti padre. Quattro marcatori. Dietro il libero. E davanti alla difesa un regista arretratissimo. La squadra giocava chiusa come un riccio. Anche per novanta minuti. Senza subire goal.  Allimprovviso Suarez , il grande regista di quella straordinaria squadra, ribaltava il gioco con un lancio di cinquanta metri. E come una catapulta i velocissimi contropiedisti andavano in goal. Quella squadra sublime vinse tre scudetti, arrivò tre volte seconda, vinse due coppe dei Campioni, e due coppe intercontinentali.

Ma chi lo ha detto che quello non era un grande spettacolo? Forse sono più spettacolari alcune partite di oggi in cui una squadra che vince tre a zero continua ad attaccare compulsivamente? E  la partita magari  termina tre a tre. Echiaro che lo spettacolo lo fanno gli interpreti. E quelli della grande Inter erano eccezionali. Ma senza Clarke Gable e Vivian Leigh Via col vento avrebbe avuto lo stesso successo? 

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