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Dai tamponi alle cure, in Veneto funziona l’assistenza domiciliare per i malati Covid

Il racconto di Stefania D’Amore, medico Usca, a Repubblica: “Collaboriamo con i medici di base per assistere i positivi a casa. Tutto questo purtroppo a Napoli non esiste”

Dai tamponi alle cure, in Veneto funziona l’assistenza domiciliare per i malati Covid

Repubblica Napoli riporta la testimonianza di Stefania D’Amore, napoletana di nascita e veneta d’adozione, a 37 anni è medico delle Usca per assistere i pazienti affetti da Covid. Il suo racconto di come funziona in Veneto per cercare di assistere i pazienti a casa propria una volta stabilita la loro positività, mette in evidenza un lavoro combinato tra i medici di base e le Usca

«Nel momento stesso in cui noi prendiamo in carico il paziente, abbiamo un primo raccordo, telefonico o attraverso una scheda-interfaccia, con il medico di famiglia. Funziona così: raccogliamo l’anamnesi (cartella clinica, ndr) del paziente, storica e prossima, che descrive le fragilità e le eventuali malattie di base da cui è affetto. Poi, effettuiamo un primo triage telefonico col paziente per stabilire la priorità delle visite da fare. In genere, finora, siamo riusciti a soddisfarle tutte in giornata, anche se le richieste stanno aumentando a ritmo vertiginoso»

Nessun paziente viene mai abbandonato, vengono ricontattati ogni giorno e spesso si torna a visitarli, se necessario vengono approntate ossigenoterapia e visita pneumologica a domicilio, tutti per evitare di affollare gli ospedali oltre misura. Una collaborazione che permette ai malati di restare a casa ed essere costantemente seguiti

Tutto questo purtroppo non c’è a Napoli

«Lo so, situazione assurda delle Usca che non hanno alcun contatto con i medici di famiglia, a loro volta esclusi da qualsiasi decisione sui loro assistiti. È sbagliato, così si affollano i reparti e i posti letto si esauriscono. E ho letto anche di casi estremi, come nei Quartieri Spagnoli dove vivono in 50 metri fino a cinque persone. Mi permetto di suggerire di istituire un presidio medico permanente nelle aree a rischio, altrimenti i focolai avranno il sopravvento, purtroppo. La Campania potrebbe e dovrebbe attrezzarsi per fare meglio e tutelare i suoi pazienti».

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