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L’esame di maturità di Gattuso: insegnare al Napoli ad osare con un calcio verticale

Dovrebbe rinunciare a dominare il gioco solo attraverso il possesso, essere più ambizioso tatticamente. Come ieri a Parma col 4-4-2 offensivo

L’esame di maturità di Gattuso: insegnare al Napoli ad osare con un calcio verticale

La comfort zone e il rischio

Parma-Napoli è stata una partita dall’andamento (tattico) facile da inquadrare e da spiegare. Basta leggere le statistiche e legarle al tempo: nel primo tempo, la squadra di Gattuso ha tentato la conclusione per 5 volte e non ha centrato mai lo specchio della porta (4 tiri respinti da un difensore, uno fuori); dal minuto 62, il Napoli ha tirato per 12 volte verso la porta di Sepe, e per 6 volte ha centrato lo spazio delimitato dai pali. Dal punto di vista difensivo, gli azzurri hanno mantenuto lo stesso rendimento nei due “periodi” della gara: 3 tiri concessi al Parma fino al 62esimo, 3 tiri concessi al Parma dal 62esimo fino al 96esimo.

Il Napoli di Gattuso visto nel primo tempo è una squadra che ha deciso di non rischiare. Di non osare. Che è scesa in campo per giocare in un certo modo: possesso palla insistito; ricerca della costruzione bassa e successiva apertura sulle fasce, entrambe (le azioni sono state costruite per il 39% sull’out destro e per il 39% sull’out sinistro); giochi a tre tra laterale difensivo, mezzala di parte ed esterno offensivo; ricerca di Mertens tra le linee per provare a stanare i centrali. Questi i principi di gioco del 4-3-3 di Gattuso. In pratica, la comfort zone del Napoli e del suo allenatore. Solo che il rischio zero si è rivelato essere un boomerang per la fase offensiva: gli azzurri non hanno prodotto nulla in attacco.

Dopo un quarto d’ora della ripresa, Gattuso e il Napoli hanno deciso di rischiare. Di osare. L’inserimento di un altro attaccante – e per altro intendiamo due cose: un ulteriore attaccante e un attaccante diverso rispetto a quelli in campo – hanno determinato immediatamente un cambio di movimenti, quindi di scelte e soluzioni. Il Parma non è stato sorpreso da questa trasformazione. “Sorpreso”, infatti, è un termine riduttivo: la squadra di Liverani non ha neanche avuto il tempo di capire, di riorganizzarsi; è stata travolta da un avversario più forte e che ha iniziato ad attaccare in maniera diversa rispetto al primo tempo. Rispetto al solito.

Il “solito” Napoli

Cosa è mancato al Napoli del primo tempo per essere una squadra efficace, quindi pericolosa, in fase offensiva? La risposta è duplice: sono mancate le grandi giocate dei singoli e poi sono mancati gli attaccanti da servire in area di rigore al termine delle azioni manovrate. Nei frame sotto, le difficoltà del Napoli sono evidenti: si tratta di due azioni costruite a partire dalla difesa, nella prima Mertens viene a ricevere la palla sulla trequarti, tra le linee di difesa e centrocampo degli avversari; nella seconda, il fraseggio è riuscito a liberare Lozano sulla fascia destra, il messicano può così tentare l’uno contro uno con Pezzella. In entrambe le situazioni, però, la squadra di Gattuso non riuscirà a creare un’occasione da gol.

Due azioni praticamente consecutive, ma che mostrano chiaramente quali sono stati i problemi offensivi del Napoli nel primo tempo

Gli scarsi risultati al termine di queste due manovre sono dovute ai problemi che abbiamo già preannunciato nel paragrafo precedente: se la prima (e unica) punta del Napoli retrocede così tanto per giocare il pallone, tende a farlo, ama farlo, finisce però per svuotare anche l’area di rigore. E allora serve una grande giocata personale, sua e/o di un altro compagno, per superare una difesa avversaria nutrita e schierata bene. Stessa cosa per l’azione di Lozano: se il messicano non salta l’uomo e non tenta la giocata personale, non ha alternative: può cercare solo Mertens a centro area. Solo che Dries arriva a malapena a un metro e settanta. Quindi è difficile che possa combattere in maniera efficace con Bruno Alves e Iacoponi – anche su un eventuale cross basso. E infatti Lozano prova a saltare l’avversario e poi tenta la conclusione, ma il pallone viene ribattuto.

Queste difficoltà non sono dovute al fatto che il Napoli vada in campo con il 4-3-3. Piuttosto, sono dovute alla scelta del 4-3-3 e di schierare Mertens nello slot prima punta – e poi tutti gli dieci titolari altri a cascata. È un sistema che può funzionare, certo. Infatti ha funzionato in passato, e pure nel primo tempo di Parma è stato efficace per gestire bene il possesso e minimizzare i rischi.

Solo che questo assetto ha dei lati negativi: se molti giocatori hanno una qualità di palleggio basica, per non dire elementare (Di Lorenzo, Manolas, Hysaj, Demme e Lozano), è difficile pensare che il pallone possa viaggiare in maniera pulita, veloce, magari tra le linee. Nel primo tempo il possesso palla del Napoli (59% a fine partita) è stato costante ma sterile, perché lento e ripetitivo. Al Parma è bastato coprire gli spazi centrali e dirottare il gioco degli azzurri sulla fascia per non correre pericoli. Fin quando non è entrato Victor Osimhen.

Il “nuovo” Napoli

L’ingresso dell’attaccante nigeriano ha determinato il passaggio a un sistema di gioco non tanto e non solo più offensivo, ma diverso. Nuovo, mai visto a Napoli negli ultimi anni. Semplicemente perché a Napoli, negli ultimi anni, non c’è mai stato un giocatore come Osimhen. Nelle prime due azioni che hanno visto coinvolto l’ex Lilla, la squadra di Gattuso ha fatto due cose che nel primo tempo erano mancate perché non erano possibili con i giocatori che c’erano: occupare l’area di rigore e allungare il campo.

Occupare l’area

Il gol di Mertens nasce perché il Napoli porta in area due uomini invece di uno. Perché la presenza di Osimhen ha liberato Mertens. L’azione è simile a quella che abbiamo visto nel frame più in alto: Lozano è di nuovo uno contro uno con Pezzella, solo che stavolta il cross al centro ha un senso; ci sono due giocatori in area di rigore, Osimhen viene anticipato da Iacoponi, la palla rimbalza in area, Mertens è in agguato e ha la qualità giusta per fare gol. Nel primo tempo, tutto ciò non sarebbe stato possibile: se Lozano avesse crossato, il belga sarebbe stato anticipato da Iacoponi o da Bruno Alves. Ed è difficile pensare a Demme, Fabián Ruiz o Zielinski che arrivano a rimorchio in maniera così immediata. Inoltre non è azzardato dire che nessuno di loro avrebbe avuto la freddezza glaciale di Mertens al momento del tiro.

Allungare il campo

Nel frame sopra, c’è la prima azione imbastita dal Napoli dopo il gol. Hysaj, non proprio un fenomeno di sensibilità tecnica nell’impostazione, sa che ora può lanciare anche il pallone lungo. Perché Osimhen, appunto, non accorcia come Mertens per riceverlo sui piedi – e infatti il belga è nel cerchio di centrocampo, pronto a offrire una soluzione di passaggio corto – ma allunga il campo, costringe la difesa avversaria a seguirlo, a tallonarlo. Il gesto e il movimento, più che l’azione in sé, sono fondamentali; certo, è importante sottolineare che Osimhen ha bruciato Iacoponi sullo scatto, ha raggiunto per primo il pallone e ha servito Mertens, ma il punto è che il Parma non ha potuto difendere come al solito. Agli uomini di Liverani, stavolta, non è bastato chiudere gli spazi per chiudere il Napoli in un imbuto. Hanno dovuto correre all’indietro, e comunque non sono riusciti a fermare Osimhen.

Come dicevamo prima: Osimhen è un attaccante diverso, che gioca in profondità, scatta continuamente per far muovere la difesa avversaria in un altro modo rispetto a quanto fa Mertens. Sono dinamiche a cui il Napoli è disabituato, ma che nel calcio esistono. E nel caso di Osimhen sono certificate anche dai numeri: nonostante abbia partecipato a Parma-Napoli solo per mezz’ora o poco più, è stato il calciatore in campo con il maggior numero di palloni giocati in area di rigore avversaria (6). Nell’azione del palo di Insigne, abbiamo visto che il nigeriano può essere utile anche con passaggi sulla figura. Sì, magari la sua tecnica non sarà brillante come quella di Mertens, ma in questo caso è stata efficace.

Il colpo di tacco è una finezza in più

Il nuovo modulo

Con la scelta di inserire Osimhen e di schierarlo accanto a Mertens, non al posto di Mertens, Gattuso ha tracciato una strada. Ha dato un segnale chiaro: il Napoli può giocare anche con un sistema di gioco diverso dal 4-3-3 (4-5-1 in fase difensiva). A Parma, il tecnico calabrese ha seguito un percorso simile ai suoi predecessori: Maurizio Sarri, durante la stagione 2017/18, aveva spesso inserito Milik a partita in corso al posto di uno dei tre centrocampisti; poi il polacco subì il secondo grave infortunio alle ginocchia e il 4-3-3 rimase l’unico riferimento. Nell’annata successiva, Ancelotti fu più deciso nell’imporre il cambiamento, nel farlo in maniera permanente – soprattutto a causa dell’addio di Jorginho e di un avvio di stagione interlocutorio con il 4-3-3.

Come detto anche in precedenza, Gattuso ha scelto di rischiare per vincere la partita di Parma. In questo caso, il rischio è stato quello di cambiare uomini e quindi approccio al gioco, in tutte le fasi. Nei momenti in cui il possesso era appannaggio del Parma, infatti, il Napoli si è schierato con un 4-4-2 puro, con sei giocatori offensivi contemporaneamente in campo – Zielinski e Fabián Ruiz nel doble pivote, Lozano e Insigne esterni, Mertens e Osimhen. L’azzardo ha pagato i suoi dividendi e non ha causato grossi scompensi difensivi: i dati – che abbiamo snocciolato all’inizio del pezzo – mostrano che il Parma è arrivato poche volte alla conclusione, in ogni caso. E mai in maniera davvero pericolosa.

Il 4-4-2 del Napoli in fase difensiva dopo l’ingresso di Osimhen

Conclusioni

Al netto di quello che succederà sul mercato, Gattuso ora ha un compito difficile ma stimolante. Deve provare a capire se questa nuova disposizione tattica può essere sostenibile per una partita intera, magari contro avversari che hanno maggiore qualità offensiva. Il cambiamento di Parma, però, può aprire una nuova era all’inizio di una nuova stagione. Il Napoli, infatti, potrebbe aver compreso (con un anno o due di ritardo) che le caratteristiche e soprattutto la dimensione dei suoi calciatori, ottima ma non eccelsa, comportano la necessità di essere ambiziosi dal punto di vista tattico.

Per dirla in breve: il Napoli di Koulibaly, Fabián Ruiz, Insigne, Lozano, Mertens e Osimhen – giocatori di grande livello, ma non al pari o non ancora al pari di elementi come Van Dijk, Thiago Alcántara, Mbappé e Lewandowski – ma anche di Di Lorenzo, Demme e Politano, deve essere una squadra che rischia. Che osa. Ci sono due strade per farlo: quella battuta in passato da Sarri, che passa da meccanismi ambiziosi e ripetitivi, dal possesso raffinato, dalla ricerca ossessiva della perfezione strategica; e poi c’è l’altra strada, quella per cui si può praticare un calcio verticale, diretto, che esalti il talento degli uomini offensivi, senza abbandonare l’idea di dominare il gioco, ma rinunciando a farlo solo attraverso il possesso, per alcuni tratti della partita. In questo momento, e la gara di Parma l’ha detto chiaramente, la squadra di Gattuso sembra tendere di più verso la seconda ipotesi.

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