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Gattuso e De Laurentiis sono come Giorgio e il vescovo

Al momento, Rino non vuole rinnovare, Adl non ha gradito la mancata Champions e il caso Meret. Il feeling non è scattato. All’orizzonte ci sono Juric e l’immaginifico ritorno di Sarri

Gattuso e De Laurentiis sono come Giorgio e il vescovo

Nel calcio tutto può succedere. Al momento, però, la situazione al Napoli è la seguente: Gattuso non ha intenzione di rinnovare e quindi di rimanere qui oltre la stagione 2020-21. Va altresì detto che dall’altra parte non c’è nemmeno questo struggimento.

Come scritto ieri, le due filosofie contrattuali – se così vogliamo chiamarle – non si incontrano. De Laurentiis ha una concezione judoka dei contratti, vuole sia pur metaforicamente immobilizzare il contraente. Gattuso invece vuole avere libertà di agire, anche di partire, non vuole sentirsi ingabbiato. È contrattualmente un George Best. Contrattualmente.

Ma la distanza tra i due non è solo contrattuale. Chi lo conosce bene, descrive Gattuso come una persona che non ha mai subito il fascino del presidente del Napoli. Rispetto e riconoscenza, senza però mai lasciarsi incantare più di tanto dalle parole del presidente. Non sbaglia chi descrive il tecnico calabrese come disincantato e con i piedi terra. Inoltre, Gattuso è uno che da giocatore è stato in un club realmente grande e sa riconoscerne le differenze. In alcuni frangenti, l’allenatore calabrese  trova De Laurentiis eccessivamente pressante. E qui torniamo al senso di libertà che per Gattuso è fondamentale.

Al momento, quindi, la situazione è quella mirabilmente riassunta dal proverbio napoletano: Giorgio se ne vo’ ji e o vescovo ‘o vo’ manna’.

Poi, si sa, nel calcio tutto può accadere. Checche’ ne dica, al momento dell’ingaggio, De Laurentiis non si sarebbe mai aspettato né di vincere la Coppa Italia né tantomeno che Gattuso diventasse così popolare. Fermo restando, dettaglio tutt’altro che irrilevante,  che il principale obiettivo societario è stato fallito da Gattuso: ovvero la mancata qualificazione in Champions.

Nella narrazione artefatta che accompagna la gestione Gattuso, viene sempre evidenziato il terzo posto nella classifica del girone di ritorno (che è reale) ma nessuno ricorda che arrivò con il Napoli settimo a sette punti dalla Champions (l’Atalanta) e ha finito settimo a sedici punti dalla Champions (Atalanta e Lazio). Otto punti di distacco dalla Roma aveva, e con otto punti ha chiuso. Aveva tre punti di vantaggio sul Milan che nel frattempo ha preso Ibrahimovic ed è finito quattro punti avanti al Napoli. Lo stesso Ibrahimovic che sarebbe arrivato a Napoli in caso di permanenza di Ancelotti.

Nella conferenza di presentazione, Gattuso parlò di classifica imbarazzante. Con lui, non è cambiata. Parlò anche di grande squadra, di grandi giocatori. A Barcellona, in conferenza stampa dopo la sconfitta, ha invece parlato di squadra giovane che ha ampi margini. In otto mesi c’è stato un cambio di narrazione anche da parte sua. A Barcellona Gattuso, come tutti i suoi predecessori, è andato a sbattere sulla cronica carenza di personalità dei giocatori del Napoli.

Anche la gestione complessiva della rosa, da parte di Gattuso, non ha entusiasmato De Laurentiis. In particolare il caso Meret che, da migliore della stagione insieme con Di Lorenzo, è diventato panchinaro.

La futura panchina del Napoli si deciderà nel corso della stagione. Potrebbe restare Gattuso nel caso di annata positiva e di raggiungimento della Champions: o arrivando tra i primi quattro o vincendo l’Europa League. In caso contrario, la soluzione più accreditata resta Juric con cui il Napoli aveva un accordo per il post-Ancelotti. Poi le cose sono precipitate ed è stato chiamato Gattuso.

Resta poi la seconda opzione. Quella del grande ritorno. Un’ipotesi molto complicata per come si sono lasciati Sarri e De Laurentiis e anche per il tenore economico raggiunto da Sarri. Ma è un’opzione troppo suggestiva per essere subito accantonata, opzione che potrebbe affiorare più volte nel corso della prossima stagione. A ogni risultato negativo, l’ombra di Sarri si allungherà sulla panchina del San Paolo. Anche perché, visto che Gattuso vuole creare un Napoli simil-Sarri, è gioco facile pensare che sia meglio convincere l’originale a tornare.

De Laurentiis è uomo che comunicativamente ragiona in termini di locandina. Quando presentò alla stampa Gattuso, al di là della battuta su Ringhio Starr, mise in locandina il ritorno del sarrismo. Concetto che ribadì nell’intervista al Corsport quando disse che il gioco di Ancelotti non era adatto a Napoli.

Resta ovviamente da vedere se il ritorno di Sarri si tramuterà in realtà. Questo è un altro discorso. Dipenderà da molti fattori, anche e soprattutto dalle richieste che Sarri avrà dopo l’esonero della Juventus. Ma è un fantasma con cui Gattuso dovrà fare i conti. Il tradimento di Sarri nei confronti di Napoli è un falso problema. “Facitela turna’ a chella signora”. Sarebbe un doveroso omaggio all’immenso Mario Merola.

Anche se, per ora, in caso di addio tra Gattuso e Napoli, l’ipotesi più accreditata resta Juric. Ma il calcio è come la politica, non esiste spazio vuoto. E un anno nel calcio è un tempo tremendamente lungo.

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