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I playoff di De Laurentiis sono una mossa commerciale: il monopolio Juve non tira sul mercato

“Se non possiamo batterli così, cambiamo il formato”. In realtà sarebbe una rivoluzione per vendere meglio il prodotto Serie A alle tv

I playoff di De Laurentiis sono una mossa commerciale: il monopolio Juve non tira sul mercato

Il contesto è di una noia mortale. Nove anni in bianchennero sono un letargo di aspettative deluse, quasi un coma. Il potere logora persino chi ce l’ha, e la Juve ha lo scudetto in monopolio dal 2011. Per gli affari la suddetta noia è una dannazione: sbadigli e sbuffi del tifoso – anche quello mai assuefatto che usa “38 sul campo” al posto di “buongiorno” – si traducono in diritti tv meno attraenti, perdita di appeal del prodotto, svalutazione sul mercato. Sì, è il lessico un po’ deprimente dell’economia pallonara, ma serve a introdurre la seguente dichiarazione resa da Aurelio De Laurentiis:

“Con la Federcalcio stiamo provando a percorrere la strada dei playoff e dei playout, per spezzare la continuità penalizzante degli ultimi 9 anni”.

Fa un po’ l’effetto straniante del “pallone è mio e decido io”, ovvero: se non possiamo battere la Juventus con questo formato di competizione, cambiamo il formato. La ristrutturazione delle regole per disinnescare la “continuità” della Juve. Un trucchetto, va da sé. Ma è una lettura facilona, e traduce malissimo il punto di De Laurentiis. La parola chiave è “penalizzante”, e non per forza in senso sportivo. Il presidente del Napoli ha lanciato una proposta commerciale, e politica. Allora riformuliamo:

“Un campionato nel quale vince sempre la stessa squadra è penalizzante per gli affari. Lavoriamo ai playoff, che sono più vendibili alle tv”

Il nono titolo in fila diventa allora un pretesto, una buona causa per licenziare il campionato per come lo conosciamo: lungo, piatto, spalmato sulla resistenza. La Juve è mezzofondista nell’anima e nel progetto, hai i mezzi e il movente per uccidere gli avversari un po’ alla volta, assorbendo le polemiche quando serve, e sfinendo le concorrenti fino alla resa per consunzione.  Non c’è niente di romantico in tutto questo, e lo sport senza un po’ di mistero e di passione diventa una convenzione un po’ stucchevole.

De Laurentiis in questo momento si sta giocando una partita nel Palazzo. Come scriveva Massimiliano Gallo, vuole che i club di Serie A diano vita ad una media company in proprio. Senza canale della Lega. Punta ad una produzione televisiva da rivendere senza esclusive: che sia Sky, Amazon, Netflix, Tim o Vodafone, poco importa. “Il calcio si metterebbe sul mercato, senza più la vendita dei diritti tv. La vendita sarebbe aperta a tutti, attraverso diversi distributori”.

E sul mercato la “continuità” della Juventus diventa, appunto “penalizzante”. Per questo – non per vanità personali (anche, ok) – va “spezzata”. Nessuno vuole spendere per vedere un film dal finale già spoilerato. A parte quella parte, considerevole, di tifosi bianconeri che hanno un conflitto di interessi poco spendibile in termini di valore commerciale. Gli altri sono calcolati dalla Nielsen in 144 milioni “molto interessati al calcio italiano”: 46 milioni in Asia, 39 in Sudamerica, 35 in Europa, 13 in Africa e 11 in Nord America. Un patrimonio, o, come dicono quelli bravi, un bacino d’utenza vastissimo, da sfruttare come un pozzo di petrolio appena bucato.

Ovviamente De Laurentiis comunica il tentativo, la forzatura: “stiamo provando con la Figc”. L’epilogo successivo (“Speriamo di riuscire a vincere uno scudetto nei prossimi anni”) è un amo, una scintilla. La rivoluzione playoff deve cavalcare per forza l’emotività del consumatore. Se dovesse girare a dovere il minicampionato Champions ad agosto, la transumanza verso un nuovo sistema di regole, tra l’altro compatibile con le ristrettezze dei nuovi calendari post-pandemia, avrebbe una chance.

La Juventus, per giunta, potrebbe persino rivelarsi un non-problema. Ribadiamo: il potere logora chi ce l’ha, e il suo dominio sportivo lede – nella sua appetibilità tv – anche i suoi stessi interessi. Per “vendersi”  bene in Italia ha bisogno di filo da torcere, un po’ di battaglia, qualche inciampo che la renda umana. Le fughe solitarie, se non sono quelle epiche del ciclismo di montagna, non piacciono a nessuno.

Il Napoli ha l’opportunità di prendersi una vittoria politica, giocando per di più sul riflesso mediatico del movimento anti-Juve. Il pallone è sempre bianchennero, ci mancherebbe, ma nella partita di De Laurentiis non ha più molta importanza.

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