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L’imbroglio tattico di Gattuso per assecondare il desiderio di 4-3-3

Ha rinunciato a una parte delle proprie idee affinché il Napoli avesse l’identità più efficace. Se 4-3-3 dev’essere, ci si difende in maniera diversa rispetto al passato

L’imbroglio tattico di Gattuso per assecondare il desiderio di 4-3-3

Una vittoria meritata

Il Napoli ha sollevato al cielo la Coppa Italia al termine di una partita che ha meritato di vincere. Anche, se non soprattutto, dal punto di vista tattico. Per sostenere – più o meno – empiricamente questo assunto, basta recuperare il dato dei tiri tentati, e sviscerarlo: gli azzurri hanno cercato più volte la conclusione (15 a 13), hanno tirato più volte nello specchio della porta di Buffon (7 a 3) e hanno colpito due volte il palo. L’ultima statistica, forse la più interessante e significativa, riguarda i tiri respinti dai difensori avversari: 0 per il Napoli, addirittura 5 per la Juventus.

Proprio nel dato dei tiri respinti c’è l’intero film dei 90 minuti giocati all’Olimpico: il Napoli si è difeso con ordine e ha saputo aspettare il momento migliore per costruire delle occasioni vere, nitide; la Juventus, invece, non ha fatto altro che sbattere ripetutamente sull’avversario e sui propri limiti, ha provato a gestire la partita tramite il possesso palla ma non è andata oltre questa volontà. E qui torna ancora utile analizzare il dato dei tiri: delle 3 conclusioni finite nello specchio della porta di Meret, due sono state scoccate da fuori area (Bentancur al 19esimo e Bonucci al 63esimo); l’altra, l’unica realmente pericolosa, è arrivata dopo un brutto pallone perso da Callejón in fase di costruzione: bravo Meret a respingere su Ronaldo.

In realtà, quindi, il Napoli non ha dovuto fare granché per limitare il gioco d’attacco degli avversari. Alla squadra di Gattuso è bastato coprire ordinatamente gli spazi, seguire il copione consolidato delle ultime partite ed evitare errori banali, per esempio negli appoggi e nelle uscite. Vediamo come è andata ieri sera, scendendo un po’ più nel dettaglio.

Un 4-3-3 più coperto

Rispetto alla gara contro l’Inter, Gattuso ha reso un po’ più coperto il suo 4-3-3 (4-5-1 in fase passiva). Due le modifiche sostanziali: Callejón, più prezioso e intelligente in fase difensiva, ha sostituito Politano; Fabián Ruiz, schierato da mezzala al posto di Elmas, ha spesso offerto una linea di passaggio in più, a Demme e ai difensori, durante la prima costruzione del gioco. Grazie a queste due mosse, il Napoli è parso più equilibrato, più sicuro in difesa e nel controllo del pallone nel proprio terzo di campo. Soprattutto sulla fascia destra, occupata a turno da Cristiano Ronaldo o Douglas Costa, le perfette coperture preventive di Callejón hanno aiutato molto Di Lorenzo, tra i più spaesati contro l’Inter.

In questo frame, Di Lorenzo segue il taglio profondo di Alex Sandro, mentre Callejón si occupa di guardare a vista Ronaldo. Fino a quando è uscito, lo spagnolo si è sempre diviso le coperture con il terzino ex Empoli.

Fabián Ruiz, come detto, si è abbassato molte volte davanti alla difesa in fase di costruzione. Secondo i dati di Whoscored, il centrocampista spagnolo ha giocato praticamente lo stesso numero di palloni di Demme (67, solo quattro in meno rispetto al tedesco) e molti di più di tutti i suoi compagni dal centrocampo in su (Zielinski, per dire, si è fermato a quota 47). In alcuni momenti, quindi, il Napoli ha impostato il gioco con il doble pivote.

In fondo, pure questa è stata una scelta difensiva: l’idea di Gattuso era quella di risalire il campo, una volta riconquistato il possesso, senza buttare via la palla. Tenendo il possesso, ma rischiando il meno possibile. Con un secondo centrocampista a ricevere il pallone dai difensori, questa missione è stata portata a termine più facilmente. A riprova di ciò, il Napoli ha perso solo 2 volte il pallone nella propria metà campo durante i primi 45′.

Sono passati solo pochi minuti di gioco, eppure il Napoli ha già iniziato a mostrare il piano tattico preparato da Gattuso: costruzione bassa 4+2, con i difensori non troppo lontani dalla propria area e Fabián Ruiz più vicino a Demme rispetto a Zielinski, che in questo caso è addirittura fuori inquadratura

La Juventus non è mai riuscita a forzare questo assetto difensivo. Come detto, la squadra bianconera non è andata oltre uno sterile possesso palla, portato avanti con un baricentro molto alto (a 54 metri in fase passiva) e soprattutto a destra, dove ha costruito il 49% delle sue azioni. I tentativi di imbucata verticale e di riapertura sugli esterni, uno schema classico del gioco di posizione amato e praticato da Sarri, sono risultati velleitari, perché il Napoli non ha mai perso le distanze tra i reparti.

Certo, Gattuso ha sacrificato qualcosa dal punto di vista offensivo: è difficile creare occasioni nitide quando il baricentro in fase di non possesso è posto a 39 metri dalla linea di porta. Ma le cose sono cambiate con il passare dei minuti, ovvero quando la Juventus ha iniziato a patire l’inevitabile stanchezza del post-lockdown e ha dovuto abbassare i ritmi. A quel punto, dal 40esimo in poi, il giropalla degli uomini di Sarri è diventato (ancora più) lento e ripetitivo, così il Napoli ha potuto azzardare qualcosa in più senza perdere equilibrio. È qui che Gattuso ha “iniziato” a vincere la partita, dopo aver imbrigliato gli avversari.

Il Napoli è raccolto in pochissimi metri, ed è evidente la disposizione 4-5-1; in questo frame il baricentro difensivo è abbastanza alto, ma la difesa azzurra ha avuto tempi perfetti nello scappare all’indietro. In questo modo, ha sempre tolto profondità alle azioni della Juventus.

La ripresa

Poco prima dell’intervallo sono arrivate le due occasioni di Insigne (palo su punizione) e di Demme (tiro rasoterra respinto da Buffon). All’inizio della ripresa, pur senza smarrire le distanze in fase passiva, il Napoli ha alzato il baricentro (fino a 46metri) e ha iniziato a gestire il pallone per più tempo e con più disinvoltura. Non a caso, il dato del possesso nei secondi 45′ è assolutamente in parità. Almeno inizialmente, Gattuso non ha avuto bisogno di effettuare modifiche tattiche o di formazione per cambiare le cose. Certo, anche la pochezza della Juventus in avanti è stata determinante: i bianconeri hanno cambiato il proprio assetto molte volte attraverso le sostituzioni, Bernardeschi è stato schierato prima come mezzala e poi come esterno d’attacco, Cuadrado ha rilevato Douglas Costa nel tridente offensivo, poi è entrato anche Ramsey. Ma non è cambiato molto.

Il Napoli, una volta fiutata la possibilità di far male agli avversari, ha provato ad accelerare pescando anche dalla panchina. L’ingresso di Politano ha creato molto più movimento sulla fascia destra, il gioco è diventato più fluido e più vario e pure l’ingresso di Milik ha contribuito ad alimentare la sensazione di superiorità degli azzurri. Nell’azione che vediamo sotto, al netto dell’errore al tiro, il centravanti polacco riempie benissimo l’area, tiene bassa la difesa della Juventus e così crea degli spazi che i compagni possono attaccare inserendosi da dietro.

Questa è solo la fase finale dell’azione che porta al tiro (fuori) di Milik. In ogni caso, però, è evidente come il Napoli attacchi in maniera diversa, più ambiziosa e convinta rispetto al primo tempo: ci sono tutti i giocatori di movimento nella metà campo avversaria; il pallone si muove velocemente; Milik tiene bassi il centrale e il terzino di destra mentre dall’altro lato ci sono altri due calciatori che si inseriscono e potrebbero ricevere il suo assist.

Le occasioni del finale di partita nascono proprio dalla pressione esercitata dal Napoli, sono figlie dalla sensazione di superiorità – tattica e fisica – che si percepisce in questo breve video. Quella del tiro di Milik è l’azione più lineare, più pulita, ma anche in questo caso i numeri ci dicono che non si è trattato di un caso isolato: negli ultimi 25′ di gioco, il Napoli ha cercato per 8 volte la conclusione; 4 di questi tentativi sono finiti nello specchio della porta, altrettanti sono andati fuori; la Juventus, invece, ha tirato per 5 volte verso la porta di Meret, e addirittura 4 di queste conclusioni sono stati respinte dai difensori di Gattuso. Buffon è stato fantastico su Maksimovic ed Elmas, in occasione dell’ultimo calcio d’angolo. Poi sono venuti i rigori, che hanno premiato la squadra più meritevole. Quella che ha giocato meglio.

L’imbroglio di Gattuso

Non è esagerato, anzi è giustissimo scrivere che la vittoria della Coppa Italia appartiene soprattutto a Gattuso. Il tecnico calabrese ha costruito il Napoli in maniera contro-deduttiva, cioè è partito da un piano che in realtà non poteva essere attuato, è tornato indietro, ha compreso i punti di forza e i limiti della sua rosa e ha agito di conseguenza. Si è adattato al contesto, si è dimostrato elastico, intelligente. Anche furbo, se vogliamo.

Il tecnico calabrese ha rinunciato a una parte delle proprie idee perché la sua squadra avesse un’identità. O meglio: perché il Napoli avesse l’identità di gioco più efficace per la squadra che è, almeno in questo momento. Ha ripristinato il 4-3-3, è vero, ma l’ha fatto captando e interpretando bene i segnali che gli sono arrivati dall’interno e dall’esterno. È come se avesse “imbrogliato” tatticamente il Napoli-squadra e il Napoli-società: se volete il 4-3-3, ecco il 4-3-3. Ma in questo 4-3-3 si gioca e soprattutto si difende in maniera diversa rispetto al passato. Perché oggi non possiamo fare altrimenti.

Conclusioni

Grazie a questa attività di creazione e levigazione, ieri sera la squadra azzurra – a differenza della Juventus – è andata in campo consapevole che fosse necessario rispettare un piano, per vincere. Insigne e compagni erano certi di ciò che dovevano fare, del fatto che la strategia scelta da Gattuso fosse la migliore per loro. Gli azzurri hanno vinto la partita – anche quella tattica, che nella boxe potrebbe corrispondere ai “punti” – perché hanno saputo gestire perfettamente sé stessi e i tempi di gioco, hanno capito come arginare gli avversari, lo hanno fatto e poi sono andati oltre il puro contenimento quando si sono create le circostanze giuste per provarci.

Il lavoro di Gattuso ha portato il Napoli a padroneggiare tutti questi strumenti, partendo dall’imprescindibilità dell’equilibrio difensivo; la qualità della rosa, che resta di ottimo livello, ha fatto il resto. E ha reso possibile, e pure meritata, una vittoria costruita su un imbroglio tattico. Non succede spesso, ma questa volta sì.

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