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Il Napoli non è ancora pronto per le ambiziose idee di Gattuso

Vuole una squadra aggressiva e che costruisca dal basso. Ma agli azzurri sembra mancare ancora tanto, in termini di equilibrio tattico, per insistere su certi concetti

Il Napoli non è ancora pronto per le ambiziose idee di Gattuso

La partita, il risultato, la qualificazione

Al netto del contesto surreale, dei cambiamenti imposti al calcio dalla pandemia, Napoli-Inter va analizzata su due livelli. Se guardiamo solo alla partita di ieri sera, il risultato finale è decisamente ingiusto. Nell’ottica della doppia sfida, quindi per ciò che riguarda la qualificazione alla finale, le prospettive cambiano. Ma andiamo con ordine, e iniziamo dalla gara del San Paolo. Il Napoli di Gattuso si è presentato con diversi cambiamenti: per sostituire gli Manolas, Mario Rui e Fabián Ruiz, il tecnico calabrese ha operato scelte scontate, ruolo per ruolo, inserendo Maksimovic, Hysaj ed Elmas. La grande sorpresa è stata l’avvicendamento in avanti tra Politano e Callejón.

Dal punto di vista tattico, non si tratta di un cambio casuale. Appena prima del lockdown, quindi qualche settimana dopo il match d’andata contro i nerazzurri, Gattuso aveva iniziato a mettere in campo un Napoli più ambizioso, in tutte le fasi di gioco. Ed è in questo senso che va letta la scelta del tecnico calabrese: nella sua testa, c’è un Napoli che costruisce dal basso e poi muove il pallone – e le difese avversarie – risalendo il campo sulle fasce. Su entrambe le fasce. E che pressa gli avversari fin dalla primissima costruzione.

Per questo tipo di strategia offensiva, i laterali d’attacco a piede invertito – come Politano e Insigne – possono risultare importantissimi, e poi è  una tendenza tipica del calcio moderno – basti pensare ai dieci anni vissuti insieme da Robben e Ribery nel Bayern Monaco. Certo, nel caso del Napoli ci sono dei sacrifici da fare: senza Callejón, gli azzurri perdono equilibrio ed esperienza, quindi compattezza e intelligenza, in fase difensiva. Ma guadagnano in qualità pura, perché i movimenti a convergere e ad aprire il campo, fatti anche da destra con un laterale più creativo, rappresentano un’arma importante.

Gli schieramenti delle due squadre nella prima frazione di gioco.

Da parte sua, anche l’Inter si è presentata al San Paolo con qualcosa di diverso rispetto al match d’andata: l’inserimento di Eriksen ha infatti determinato un reale passaggio al 3-4-1-2, quantomeno in fase offensiva. Per il resto, i nerazzurri mostrano gli stessi uomini e gli stessi meccanismi che hanno caratterizzato la prima stagione di Conte a Milano: difesa a tre, Candreva e Young sugli esterni, Brozovic a lavorare come pivote in fase di costruzione, Barella centrocampista incursore e coppia d’attacco Lukaku-Lautaro.

Il gioco meccanico

L’Inter è andata in vantaggio dopo pochi secondi con un gol fortunoso, che però viene legittimato fin dall’istante successivo: i nerazzurri, per tutto il primo tempo, sono stati superiori al Napoli. La squadra di Conte, dal punto di vista tattico e tecnico, è sembrata non risentire minimamente della pausa forzata. Per un motivo semplice: il gioco del tecnico salentino è molto meccanico, cioè riproduce – o quantomeno cerca di riprodurre – sempre le stesse azioni, gli stessi movimenti. Le grandi occasioni costruite dai nerazzurri nel primo tempo sono arrivate grazie ai cambi di gioco da fascia a fascia, oppure a palloni serviti in verticale verso le punte, addomesticati e poi smistati sui quinti di centrocampo.

In questa azione, l’Inter sfrutta perfettamente l’aggressione squilibrata del Napoli e le doti di Lukaku. Hysaj si fa attirare troppo in alto da Candreva, così il pallone arriva al centravanti belga; nonostante Koulibaly lo bracchi, Lukaku si divincola e riesce a servire Candreva sulla corsa, una corsa che Hysaj non può contenere. Ospina compie il primo grande intervento della sua partita. Pochi secondi dopo, un suo lancio lungo per Insigne permetterà a Mertens di trovare il gol del pareggio.

Queste dinamiche sono state agevolate dalle scelte di Gattuso. Che, come detto, ha deciso di cambiare atteggiamento rispetto alla partita di andata. A San Siro, infatti, il Napoli non aveva cercato di pressare in maniera sistematica la prima costruzione dell’Inter, ma era stato più accorto e compatto in campo, aveva scelto se e quando alzare il baricentro in fase di non possesso. Ieri sera, invece, gli azzurri hanno provato fin da subito a essere molto più aggressivi, pressando la costruzione degli uomini di Conte a partire dal primo appoggio di Handanovic. Qui è tornata utile, all’Inter, la sua natura di squadra meccanica e quindi inevitabilmente ripetitiva: con una serie di movimenti e azioni mandate a memoria, i nerazzurri sono riusciti a saltare quasi sempre la prima pressione del Napoli, ritrovandosi con ampi spazi in cui sviluppare la manovra.

In quest’azione, il Napoli porta sei giocatori di movimento nella metà campo dell’Inter, addirittura quattro dentro l’area di rigore o appena fuori.

È come se il Napoli fosse ricaduto negli stessi errori commessi di presunzione commessi nel primo periodo con Gattuso in panchina, quando non aveva gli strumenti per reggere una fase passiva molto pretenziosa, ma la attuava comunque e finiva per scoprirsi troppo, alla ricerca di un recupero palla immediato e in zone molto avanzate di campo. E infatti pure ieri sera gli azzurri hanno concesso tante occasioni agli avversari (10 tiri totali dell’Inter nei primi 45′, di cui 5 nello specchio della porta), e soprattutto non sono riusciti a tenere il pallone e a gestire i ritmi della gara (all’intervallo, il dato percentuale del possesso palla diceva 64% in favore dei nerazzurri).

Il pareggio è arrivato grazie a un’intuizione di Ospina, a una gran corsa di Insigne, alla freddezza di Mertens. Ma, soprattutto, a causa di una disposizione difensiva folle dell’Inter: su calcio d’angolo a favore e giocato corto, i nerazzurri si sono ritrovati con Eriksen – un giocatore tutt’altro che rapido e dinamico – in copertura. Il danese non è riuscito a contenere Insigne come ultimo uomo, e così il Napoli ha trovato una rete che non avrebbe meritato, almeno per quanto visto nella prima frazione di gioco.

Il gioco sulle fasce

La superiorità dell’Inter si è manifestata fin quando la squadra di Conte è riuscita a tenere alti i ritmi di gioco. E poi nel finale, quando i nerazzurri hanno trovato nuove energie nell’urgenza del risultato e del cronometro che correva. Dal punto di vista tattico, era quasi impossibile che un Napoli così offensivo, ma anche in evidente difficoltà fisica, potesse reggere l’urto. È anche una questione di spaziature in campo: quando un 4-3-3 (che diventa 4-5-1 in fase passiva) come quello del Napoli affronta un 3-4-1-2 come quello dell’Inter, e i tre attaccanti aggrediscono i tre difensori avversari fin dalla prima costruzione, si determina una situazione in cui tutti gli altri giocatori di movimento sono uno contro uno. E quindi non hanno un compagno che possa garantirgli una copertura preventiva.

Young è uno contro uno con Di Lorenzo; in area si è determinato un tre contro tre. Anche in una situazione più statica, l’Inter è riuscita a creare una situazione di parità numerica in fase offnsiva.

Nel corso della partita, ci sono state tantissime situazioni simile a quella del frame che avete appena visto. È quello che Conte vuole dalla sua squadra, è il gioco che ama praticare da molti anni. È ciò che ha reso efficace l’Inter in questa stagione. In un interessante articolo de L’Ultimo Uomo, si legge che «il sistema tattico dei nerazzurri si basa sul palleggio basso con cui vuole allungare la squadra avversaria, attirare avversari e creare spazi oltre la linea di pressione». Contro un Napoli che non si chiude, che decide di difendere in avanti. questi spazi si determinano soprattutto sugli esterni. I dati di ieri sera, infatti, mostrano come i nerazzurri abbiano costruito il 72% delle loro manovre sulle corsie.

Una ripresa più tranquilla

In verità, nella ripresa il Napoli ha subito molto meno. Come detto in precedenza, l’Inter si è – inevitabilmente – spenta con il passare dei minuti. E se “spenta” vi sembra un termine eccessivo, è meno eccessivo dire che la squadra di Conte abbia abbassato l’intensità del proprio gioco. Non a caso, infatti, i nerazzurri hanno concluso solo 2 volte verso la porta di Ospina dal 46esimo al 75esimo. Nell’ultimo quarto d’ora sono arrivati altri 6 tiri verso la porta del colombiano, di cui 2 nello specchio; tra questi, solo quello di Eriksen – deviato magistralmente dall’estremo difensore azzurro – è stato realmente pericoloso. Non a caso, anche questa azione nasce da un pallone in verticale verso Lukaku, che poi il belga gioca sugli esterni.

Quando si dice: il gioco ripetitivo, ma efficace, dell’Inter. E e di Conte.

Il Napoli ha costruito pochissime occasioni nitide – oltre il gol, solo un altro tiro nello specchio per gli azzurri in tutta la partita – e nel finale ha poi deciso di arretrare il suo baricentro, per proteggere la qualificazione. Una scelta simile a quella fatta per tutta la gara d’andata, e che alla fine ha pagato. Anche perché l’Inter, nel computo delle due partite, ha palesato dei limiti evidenti, soprattutto nella pura fase realizzativa.

Il secondo livello di analisi parte proprio da quest’ultimo punto. Già nella gara di San Siro, l’Inter aveva mostrato di essere una squadra con delle idee chiare, e che sapeva come attuarle. Solo che tutto ciò non è bastato per realizzare più gol del Napoli. Di un Napoli che, come abbiamo visto, ha giocato in maniera molto chiusa all’andata, ma che al ritorno ha provato a essere più ambizioso. Alla fine della fiera, gli uomini di Conte hanno segnato una sola rete in 180 minuti. Tra l’altro, questa marcatura è arrivata in maniera molto casuale, dopo un errore in comproprietà tra Di Lorenzo e Ospina – che poi è stato decisivo, certo, ma che di mestiere fa il portiere del Napoli, cioè si trova lì proprio per parare i tiri degli attaccanti avversari.

Conclusioni

Insomma, Gattuso avrà pure perso il duello tattico di ieri sera, ma intanto ha vinto a Milano e ha pareggiato al San Paolo. Non è un caso, ecco. Allo stesso modo, però, è importante rilevare che forse il Napoli non è ancora pronto per il gioco aggressivo che ha in mente il suo allenatore. La partita contro l’Inter è solo un primissimo assaggio, tra l’altro è stata giocata in condizioni particolarissime, ma agli azzurri sembra mancare ancora tanto, in termini di equilibrio tattico, per potere insistere su certi concetti.

Sopra abbiamo scritto che questo passaggio del turno non è arrivato a caso, e lo ribadiamo. Allo stesso tempo, però, non è un caso, non può esserlo, che le migliori prestazioni stagionali contro squadre di alto livello – Lazio, Juventus, Inter all’andata, Barcellona – siano arrivate quando Gattuso ha scelto un approccio più coperto, meno ambizioso. Il suo progetto è molto interessante, ma in questo momento il Napoli ha dei limiti evidenti. In vista di questo anomalo finale di stagione, l’allenatore azzurro avrà a che fare con l’eterno dilemma tra pragmatismo e ricerca di un’identità, di una visione proiettata nel futuro. Vedremo come proverà a risolverlo già mercoledì, contro la Juventus, quando avrò l’occasione di vincere il primo trofeo della sua carriera.

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