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L’unica bella notizia è che Mertens il fuoriclasse resta a Napoli

Il resto è noia tra il futuro del Napoli e il presente del calcio italiano che si bea di aver vinto chissà quale battaglia

L’unica bella notizia è che Mertens il fuoriclasse resta a Napoli

Mezzo pieno o mezzo vuoto? Il bicchiere del Napoli, a mercato aperto, a campionato sospeso anzi no, a pantomima inscenata dai poteri “forti” del calcio nazionale e oltre, rimane indecifrabile. Gli acquisti graffiati Gattuso se la giocheranno subito. A centrocampo saranno sicure le novità, semmai a supporto della stella Ruiz. Per il resto tutto da decidere.

Una squadra non c’è ancora.

C’è un gruppo sportivo di confermati, partenti, all’asta, precari. E c’è una lista di desideri, come sempre compatibili con l’aritmetica, inutile fare ipotesi. I ghostbusters della società sono in azione. I sostituti venditori espongono la loro merce come tappeti al bazar. Fortuna che c’è Ciro, che l’aritmetica la snobba. Vecchio quanto basta, fisico integro, genialità assoluta. Insegue il profumo del gol come pochi. È di quella genìa di calciatori, che non demordono mai. Ti puoi sempre aspettare qualcosa. Sarebbe stato un peccato mortale cederlo, per di più ad una squadra avversaria, forte in matematica ed ingaggi, ma non in sentiment. E’ un azzardo dire che è il giocatore più forte del Napoli?

Nel nuovo gruppo–squadra (bene o male sarà così) non può mancare il giocatore tata, quello che custodisce i segreti di spogliatoio, che fa da balia nei sistemi di gioco, che entra in empatia con la città.

Campione o fuoriclasse?

Nella noiosa discussione sulla differenza tra ‘campione’ e ‘fuoriclasse’ non c’è dubbio: Mertens è un fuoriclasse ed è venuto il momento di riconoscerlo, anche tra gli opinionisti da Cassazione.

Stesso ragionamento vale per il “vecchio” Callejón. Nessuno è più forte di lui nel ruolo che una volta era di Domenghini, eppur si cede. Meditate, cari strateghi. Se si vuole disputare un campionato ad alto livello, col coronavirus in agguato e i problemi di rosa, ci vogliono anche grandi giocatori di esperienza.

Ma viene la voglia di parlare di calcio?

Lo sconquasso del virus ha dilatato i tempi, ritardato i progetti tecnici, messo in oziosa quarantena vera e finta l’intero sistema calcio. Esilaranti le prevedibili conseguenze. Il solo sospetto di positività nello staff del Bologna, poi rientrata, ha buttato nel panico il nascente campionato fantasma.

Ci sono ancora i negazionisti

Per Lotito, spicciafaccende della Serie A, “è la vittoria di tutto il calcio italiano”. Per il responsabile sanitario della Lazio il coronavirus è ancora una “normale influenza stagionale. Io non metto in quarantena persone sane”. Si comincia, fino a prova contraria, il 20 giugno. Tra campionato senza voce, probabili quarantene al primo starnuto in campo, squalifiche per chi sputa e infortuni spezza-carriere, sarà la cosa più strana mai vista sui campi di calcio e dalle tribune vuote.

È la follia di un circo pedestre, che si propone di divertire i cari di trentamila e più deceduti, di dimenticare l’orrore delle corsie ospedaliere, di archiviare l’insipienza delle case di riposo. Finanche i quarantamila di Atalanta-Valencia, stipati e a rischio virus, non sono stati tenuti in conto come si doveva. Cartellino rosso per la Bergamasca, che segue quello della Lodigiana e poi via via tutti gli altri.

Il resto di niente

E ora, dopo la “vittoria del calcio italiano”? Non resta che il takle morbido, l’esultanza del gol in brodetto, l’abbraccio preoccupato, il sudore killer, il ritiro in quarantena per tutti quando uno della squadra si becca il virus. E poi ci sono gli infortuni. Tre partite a settimana si possono pure fare, ma quando la settimana è una. Giocando, invece, per lungo tempo tante partite, l’infortunio diventa probabile, anzi no, quasi certo.
Guadagnano pure tanto i professionisti del pallone, cifre a volte spropositate, ma questa non è una buona ragione per mandarli al macello.
E poi, che succede se tutto va storto?
La filiera dei guai vuole che ci sia un tampone, l’eventuale positività, la quarantena per sé e per tutta la squadra. Se è questo lo schema, si dovrebbe sospendere il campionato per knock out comico. A meno che non si inventino altre soluzioni. E allora? Allora basta. Ma davvero il calcio deve essere “altro” da tutto ciò che succede nel mondo?

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