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Gravina: «Lo abbiamo fatto per i tifosi» (anche se i tifosi erano contrari)

Il presidente della Figc al Romanista: “Non volevo prendermi il titolo de l’Equipe. Rappresentavo un movimento, avevo un obiettivo”

Gravina: «Lo abbiamo fatto per i tifosi» (anche se i tifosi erano contrari)

Il presidente Figc, Gabriele Gravina, ha rilasciato una lunga intervista al Romanista.

Lei ha portato avanti questa croce per motivi per così dire di massima rappresentanza. Ha mai avuto incertezze?

«Forse quando la Francia ha annunciato lo stop del campionato. Ma non mi sento di aver portato una croce. Ho un ruolo istituzionale, lo devi esercitare e prenderti le responsabilità. Rappresentavo un movimento, avevo un obiettivo fondamentale, ed è stata la mia stella polare: dovevo tutelare gli interessi di un mondo che vedevo compromesso, che vedevo attaccato da chi voleva che staccassimo la spina. Ma questo andava combinato con la necessità di tutela della salute. È stato difficile, ma ho rispettato tutti i ruoli. Forse mi aspettavo maggior sostegno da chi si identifica nei valori dello sport. E invece sentivo parlare di confusione, che invece era generata soprattutto da chi ne parlava. Sentivo parlare di scarsa lucidità, ma mi hanno riconosciuto in tanti di averne invece avuta tanta. Altri volevano confondermi o farmi apparire confuso».

Dentro di lei non ha vissuto un conflitto interiore, magari nei momenti in cui il virus aveva drammaticamente invaso gli ospedali italiani?

«Assolutamente sì. Ma in quel momento bisognava capire se dovevamo oltretutto compromettere il nostro movimento in maniera definitiva. Sarebbe stato facile. Non stiamo parlando solo di un gioco, ma di una dimensione economica che richiede un senso di responsabilità enorme. E tutelando quegli interessi si alimenta anche la passione di tanti italiani. Il calcio a porte chiuse è una tristezza unica, ma è una tappa di avvicinamento per riconsegnare il calcio al vero titolare: il tifoso».

Le proteste ultras le abbiamo sinceramente condivise. A un certo punto è sembrato davvero che si ripartisse solo per motivi finanziari.

«Non è così, il calcio riparte perché è una speranza per tutto il paese. I tifosi hanno ragione e li capisco. Io sono il primo tifoso del calcio. Ma come si può pensare che nel momento in cui riparte tutto il paese il calcio debba restare fermo? Come si può pensare che se non parte adesso possa ripartire ad agosto o a settembre? Se non riesce a ripartire oggi convivendo in qualche modo con il virus poi c’è il rischio che la contagiosità possa aumentare di nuovo a settembre e allora che si fa? Si aspetta il vaccino? E quando arriva? E nel frattempo le 100.000 persone che lavorano nel settore? E i dodici settori merceologici li abbandoniamo? A livello internazionale stanno ripartendo tutti, io non volevo prendermi il titolo dell’Equipe, “Come degli scemi”, noi non ce lo facciamo dire. E faremo anche qualcosa per onorare chi ha lavorato duramente, chi non c’è più, chi soffre per i lutti».

Ha elogiato Dal Pino, ma si è notata una certa distanza tra lei e il presidente del Coni Malagò.

«Io rispetto i ruoli istituzionali e riconosco a Malagò il ruolo di numero uno dello sport. Conosco le sue capacità di grande dirigente. In tanti hanno visto in certe dichiarazioni motivi di contrasto, non nego che ci sia stato un certo confronto dialettico su temi di natura sportiva e anche profili di non condivisione. Su questa partita non ci siamo trovati, le nostre visioni sono state differenti. Ho provato anche a capirlo perché il calcio non si è fermato a differenza di tutti gli altri sport. Ma io non entro in un conflitto con chi ha idee diverse dalla mia».

Anche con Tommasi c’è stata diversità di vedute. Ma ha l’indubbio merito di aver capito prima degli altri che bisognava fermare tutto.

«Damiano per la responsabilità che ha è stato sicuramente il dirigente che ha più evidenziato i problemi seri che si sono generati con la diffusione del virus. Io gli ho contestato la modalità, in un ruolo istituzionale bisogna rispettare le procedure. Se ne avessimo parlato internamente avremmo avuto gli stessi risultati con minori polemiche. Ma i rapporti sono buoni, ci confrontiamo, insieme stiamo cercando le migliori soluzioni per andare incontro alle esigenze che lui solleva e che io condivido e che sono in linea con gli interessi del calcio».

C’è stato a un certo punto un intreccio di competenze tra le varie commissioni: quella del Governo, la vostra, la Federmedici…

«Ci sono state interpretazioni non corrette dei rapporti. La nostra commissione esiste da statuto, ed è stata rinforzata da alcuni specialisti e dalla Federazione dei medici sportivi. All’inizio forse c’è stata qualche tensione, anche inevitabile, ma in questo scenario complesso i rapporti si sono affinati e il lavoro è stato portato avanti poi in stretta collaborazione con tutto il Comitato Tecnico Scientifico».

Sembra un po’ anche il percorso compiuto con il Ministro Spadafora.

«Personalmente abbiamo sempre avuto un gran rapporto, ci siamo sentiti spessissimo, è stato un percorso lineare dal primo momento. Ha preteso che non cercassimo scorciatoie e non le abbiamo mai pretese. Con Tommasi ci siamo ritrovati a non pretendere alcun rapporto privilegiato per i calciatori. Poi purtroppo qualcuno ha alimentato quel piccolo seme di confusione per mettere in evidenza contrasti che in realtà non sono esistiti».

 

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