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Crosetti: una finale travestita da allenamento, ma meglio che niente

Su Repubblica. È una specie di pre-campionato fuori stagione. È tutto abbastanza sfasato, si gioca sottoritmo e sarà così per un paio di settimane. Ci si adatta e si aspetta, niente potrà essere peggio dei tre mesi di vuoto

Crosetti: una finale travestita da allenamento, ma meglio che niente

Su Repubblica, Maurizio Crosetti commenta la finale di Coppa Italia di ieri, tra Napoli e Juventus.

Troppo pallida la Juve, quasi irriconoscibile, dopo la Supercoppa se ne va anche la Coppa Italia: spenti i giocatori compreso Ronaldo, lentissimo e involuto il gioco. Un brutto segnale“.

Crosetti elogia il bel gesto del presidente bianconero Agnelli, che ha premiato il Napoli, critica i tifosi virtuali in tribuna e il virtual coach in sovrimpressione e le voci troppo alte di panchine e portieri.

Buffon non sta zitto un attimo, è un flusso di coscienza. Ma per il campionato è opportuno un ripensamento, abbassate le voci e fateci sentire il bel tonfo del pallone”.

Una partita che non è stata una vera partita.

“una finale travestita da allenamento o viceversa. E virtuale, infine, la Juve. È tutto abbastanza sfasato, si gioca sottoritmo e sarà così per un paio di settimane. Meglio non essere pretenziosi: nessun atleta può stare fermo per cento giorni e non pagare dazio. Le squadre sono come le tacche della batteria del cellulare, si scaricano in fretta e c’è poco campo”.

Neanche i giocatori più bravi sono al meglio, ma una partita così è un compromesso necessario, scrive.

La finale più strana di tutti i tempi ci porta in un tempo nuovo e sospeso, giocare così è un compromesso ma non giocare per niente sarebbe una sconfitta, oltre che una rovina finanziaria. Non possiamo ancora chiedere calcio vero a nessuno, questa è una terra di mezzo dove si rischiano muscoli e tendini, senza quella grammatica dei gesti e dei riti che dà sostanza allo sport. È una specie di pre-campionato fuori stagione. Ci si adatta e si aspetta, e comunque niente potrà mai essere peggio di quei tre mesi di vuoto“.

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