ilNapolista

Con Mario Corso se ne va l’ultimo esponente della sinistra in Italia

FALLI DA DIETRO – Il virus non ci ha resi migliori. Nel silenzio dello stadio di Bologna, rimbomba la voce di Sinisa: “Voglio vedere se a noi dà un rigore così”

Con Mario Corso se ne va l’ultimo esponente della sinistra in Italia

FALLI DA DIETRO – COMMENTO ALLA 27° GIORNATA DEL CAMPIONATO 2019- 20

Cento giorni da dimenticare. Mille cose da ricordare.

Un marzo inconsapevole ci aveva lasciato il civilissimo striscione dei tifosi napoletani contro il Toro “Nelle tragedie non c’è rivalità. Tutti uniti”.

E il messaggio rassicurante di Ciccio Caputo dopo il gol al Brescia “Andrà tutto bene. Restate a casa”. Tutto cambiò in fretta.

Fu un addio agli abbracci, in una volontaria rinuncia ai diritti in cambio di sicurezza.

In strada non un’anima viva, solo occhi guardinghi dalle finestre.

Il virus scavò nelle coscienze. Non essendone forniti, né Fontana né Gallera si sentirono responsabili del massacro inferto alla Lombardia dalla loro incapacità e arroganza.

Chiusero gli stadi.

Restammo a casa. Con le nostre vite tutte uguali e inscatolate.

La sera la gente cantò dai balconi. E “Abbracciame” di Andrea Sannino divenne un inno. Proprio lui Andrea, col quale avevo appena iniziato le prove del mega-musical dedicato a Renato Carosone.

Chiusero i cinema e i teatri.

Il De Luca tronitruante diventò a tratti diverdente. Il Papa non perse occasione per i suoi spot umanitari. Il virus continuava a toglierci il respiro.

Quando da Minneapolis l’urlo di Floyd squarciò tutti i cieli del mondo.

“I can’t breathe!”.

Ma era un virus di altra natura. Ci ricordava che in ognuno di noi c’è un Derek Chauvin. In ognuno di noi c’è quel poliziotto che leva il respiro e ci restituisce intolleranti e razzisti.

Noi lo additiamo convinti di essere Floyd. Senza invece accorgerci che stiamo premendo il nostro ginocchio un po’ ovunque. Dentro di noi e intorno a noi. Inquinare, consumare, comprare, non parlare, non amare. Il ginocchio dell’umanità continua a premere sulla coscienza individuale e collettiva.

Nel suo ultimo respiro Ezio Bosso, direttore d’orchestra che si definiva musicista pneumologo, volle rammentare proprio questo: l’importanza del respiro. Bosso, la cui opera si sostanzia in quei “Sei Respiri” con cui ci invitava appunto ad un’apologia del respiro. L’invito a cambiare il respiro. E a sfuggire al razzismo dilagante. Integrare anzi meglio, farsi integrare da quelle parti di noi che non ci piacciono.

Il virus ci ha messo il ginocchio sul collo, ci ha sottomesso, ci ha ricordato che è arrivato il momento per ripensare il modo in cui viviamo. Perché ci sono tre virus da sconfiggere.

Il Covid certo. Ma anche la povertà. Perché il contagio ha colpito anche l’economia. Ma anche il nuovo autoritarismo. Perché il contagio ha colpito anche la democrazia. In nome della sicurezza il potere potrebbe riscrivere il controllo sociale su modelli illiberali.

Da questa tentazione neanche il vaccino che tutti stiamo attendendo ci può difendere. Ma solo noi potremo, volendo, opporre una valida resistenza.

Il calcio riprende in punta di piedi.

Riparte con un protocollo sanitario che castra la gioia e sterilizza le emozioni. Dovremo abituarci a cose molto diverse da quelle a cui eravamo abituati.

Ci farà capire che il calcio ci è mancato più di quanto pensavamo. Più di quanto eravamo disposti ad ammettere.

Il calcio riparte con il suo prologo di prestigio.

Silvestre dimentica le parole del dimenticabile Inno prima del match. Ma se canta con il pugno chiuso e la cosa fa tanto incazzare Capitan Capitone allora, qua il cinque! Anzi no, qua il gomito.

Il calcio riparte e regala ai napoletani una gioia attesa da sei anni.

Contro l’avversario meno amato.

Contro il mister più detestato.

Il calcio post virus riparte e fa altri regali.

Il silenzio assordante regala chicche preziose.

A San Siro Gaston Ramirez interviene duramente sul Toro argentino che va a terra. Subito rialzatosi, Lautaro, in vena di poesia, urla con enfasi un meraviglioso :“La concha de tu madre!”.

Lo sentono anche a Baires.

Il prode Rocchi a Bologna ci rassicura che nulla è cambiato dopo 100 giorni. Rigorino molto dubbio su De Ligth e niente rigore su pestone di De Sciglio su Barrow.

L’unica novità è che ora l’orbiterraqueo mondo può sentire la frase polemica di Sinisa che rimbomba nello stadio vuoto: “Voglio vedere se a noi dà un rigore così”. Già, voglio vedere. Tutto come prima. Tranquilli.

Il Covid non ci cambierà. Né tantomeno ci renderà più buoni o più onesti.

Verona è un test difficile.

Perché l’Hellas con la Dea è la squadra che esprime in assoluto il gioco migliore. Poi perché si teme qualche languore dopo la legittima sbornia di Coppa.

E invece no. Azzurri concentrati e compatti con maglia speciale che celebra il record del Fiammante Fiammingo. Gran caldo e partita poco spettacolare.

Per fortuna dalla panchina Gattaccio e lo Zingaro se le dicono di tutti i colori in un dialogo spumeggiante che tiene svegli tutti: quelli in campo e quelli a casa.

Man mano le squadre si allungano e si aprono.

Sullo sviluppo di un angolo Arkadio, l’Armadio di Cristallo, quello che pare abbia voglia di andar via, viene lasciato colpevolmente solo in mezzo all’area. Così lui può impennarsi plastico ed elegante nel cielo di Verona e infilare Silvestri.

Tanti cambi nella ripresa tutti azzeccati dal Gattaccio che attinge con sapienza dalla panchina più ricca della Serie A. Particolare non indifferente che farà la differenza, vedrete.

Si vede Lobotka che è la versione in carne ed ossa di Charlie Brown.

Si vede anche Faouzi. Ed è gioia per tutti. Il suo assist per Lozano è un arcobaleno di luce che illumina sei mesi di buio. L’Atzeco, entrato da cinque minuti, è lì pronto a ridisegnare la sua immagine molto annebbiata dagli ultimi eventi. Anche l’Atzeco farà la differenza in questo mini torneo estivo, vedrete.

Addii.

Addio allo scudetto per gli Aquilotti.

A Bergamo in scena quanto di meglio possa esprimere oggi il calcio italiano. Quelli di Ponte Miglio partono a vele spiegate. Sembra distrutta la Dea dopo appena 10 minuti. Ma la benzina dura si e no mezz’ora. I laziali cedono letteralmente di schianto. Mentre i bergamaschi crescono imponendo ritmi pazzeschi. Rimontano due gol e alla fine addirittura strappano un’incredibile vittoria.

Addio ai sogni proibiti per i Suninter dopo il sorprendente pari contro i Ceramisti che un paio di giorni prima erano stati presi a pallonate dalla Dea.

Pesa l’errore davvero incredibile di Gagliardini a porta spalancata. Ma forse pesa di più una difesa davvero imbarazzante. Chissà come sacramenta da lassù Mariolino Corso che Brera definì “il participio passato del verbo correre”. Su punizione era più forte persino di Jacques Prevert.

Se ne va con lui l’ultimo esponente della sinistra in Italia.

ilnapolista © riproduzione riservata