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Alzi la mano chi ha capito l’algoritmo: la Serie A fa polemiche pure sulla matematica

La Serie A non ha ancora rimesso piede in campo e già i club chiedono “correttivi” ad una formula astrusa che probabilmente non hanno nemmeno capito. Una fotografia perfetta dell’industria del calcio italiano

Alzi la mano chi ha capito l’algoritmo: la Serie A fa polemiche pure sulla matematica

Servirebbe una formula per descrivere l’imbarazzante dibattito sull’algoritmo che potrebbe decidere la classifica finale della Serie A. Per quel che vale ci teniamo buona quella ufficiale, che si scrive esattamente così:

Pt(x) + [(mpc t(x)ct(z-x)) + (mpf t(x) * ft(z-x)]

Potremmo agilmente decriptarla, ma per i feticisti del genere ci sono online svariati tutorial per venirne a capo. Non vorremmo togliervi lo sfizio. Noi, poi, ieri non abbiamo potuto studiare perché avevamo Judo.

Per dovere di cronaca riportiamo le rassicurazioni federali: Gravina ci tiene a precisare che mica si decide lo scudetto, così. Però, in caso di ulteriore stop del campionato appena ripreso forzando epidemiologia, protocolli medici e senso del pudore, l’algoritmo produrrebbe una classifica ponderata più “equa”: terrebbe conto dei punti reali e di quelli “virtuali” calcolati con due diverse medie punti, spostando solo equilibri minimi. Ah, e vale solo si sono giocate almeno tre giornate. Altrimenti… boh.

Era tutto più semplice quando Doc Brown scivolava in bagno e inventava il flusso canalizzatore. Ma erano gli anni 50, e all’epoca pure il pallone era una roba rozza fatta di cuoio, fango e brillantina: chi vince vince, chi perde amen.

Ora no, ora affrontiamo la ripresa del campionato di calcio come una frontiera inesplorata, con un piano A, un B e uno C. E ci accapigliamo su tutto. La Serie A non ha ancora rimesso piede in campo, a stento sono riusciti a partorire un calendario, e già i “club chiedono correttivi all’algoritmo”.

Ora, tocca fare un piccolo passo indietro e dare un contesto a quest’affermazione. Al comando dei club di Serie A c’è una pletora di personaggi pittoreschi che quando si riuniscono – ad esempio per eleggere il Presidente di Lega – danno vita a vere proprie scene da saloon, tra barzellette da Bagaglino spinto, battutacce sessiste, urla e strepiti. Tra di loro si chiamano “a bellicapelli!”. L’audio, qualora ve lo foste persi, è qui. Ora, ve li immaginate voi Lotito e il Viperetta, carta e penna alla mano a sviluppare diversi valori Pt(x) in funzione di ct(z-x) qualora mpf variasse di 80 gradi con scappellamento a destra?

Eppure siamo già a quel punto. Un attimo fa la Serie A era manutenuta da esimi virologi che blateravano di quarantene e tracciati Ecg, ora da cattedratici di algebra. L’importante, per tutti, è che a quella sfilza insulsa di simboli corrisponda una pozione che magicamente li tenga a galla: in Champions, in Europa League, non retrocessi. Un pentolone bollente dal quale uscire sani e salvi urlando “prodigio!”.

Il livello della discussione è sempre lo stesso, radente suolo. La grande industria del pallone che si dipana tra partigianerie assortite e buffonate ad oltranza. Quella che si muove per i tifosi, anche se i tifosi non vogliono, e che usano “indotto” come passepartout morale, giustificazione macroeconomica per ogni micragnosa lotta di potere.

La Serie A riparte il 20 giugno. E quest’algoritmo che ora vi vendono come esiziale tornerà a prendere polvere in fondo ad un documento federale, nascosto in un faldone da tirare fuori qualora tutti i “se” e i “ma” di questo finale di stagione andranno esauriti: i positivi più o meno nascosti per garantire la tenuta del sistema, le quarantene all’amatriciana, i playoff e i playout, gli stadi aperti – ma sì, è estate, fa caldo – il calendario.  Intanto ne parliamo, un sacco. Spieghiamo a profusione, che la matematica ci perdoni. Al primo stop di campionato, poi, interroghiamo. Che il Paese è pieno di nonne morte per davvero, non c’è bisogno di inventare scuse.

 

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