Gomis: «Come Koulibaly, mi sento cittadino del mondo. Il virus aiuterà a combattere il razzismo»

Il portiere del Senegal a Repubblica Torino: «Quando sei su una barca che affonda, non pensi al colore della mano che cerca di salvarti. In Africa c’è una quarantena attenuata perché se stoppi l’economia provochi più morti del virus»

gomis

Repubblica Torino intervista il “Puma” Alfred Gomis, portiere del Digione e del Senegal. In Francia gli allenamenti dovrebbero partire l’11 maggio. Il campionato invece il 3 o il 17 giugno. Adesso è a Torino, vive solo in un appartamento in centro.

Quando gli chiedono se si sente italiano o africano ricorre alle parole di Kalidou Koulibaly.

«Prendo in prestito le parole del difensore del Napoli Koulibaly che è anche il mio capitano in nazionale: mi sento un cittadino del mondo. L’Italia è la mia culla, mi ha fatto diventare ciò che sono oggi. In Senegal sono nato ed è la patria dei miei genitori: sono fiero di difenderne i colori».

Racconta l’emergenza in Senegal.

«Sento spesso i miei amici che ci vivono: sono preoccupati, d’altra parte come tutto il mondo. Il virus è arrivato anche lì e in questo momento c’è quarantena, pur se attenuata perché se in Africa stoppi l’economia rischi di provocare più morti del virus. Quindi in Senegal non si esce di casa dalle 8 di sera alle 6 di mattina e poi si cerca di lavorare in sicurezza».

Gomis parla anche di razzismo. Forse il virus aiuterà a combatterlo.

«Sarà dura debellarlo, c’è pure la discriminazione fra città diverse… Chissà, magari il virus potrebbe riavvicinarci: quando sei su una barca che affonda, non pensi al colore della mano che cerca di salvarti la vita».

 

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