Barbano: il calcio non può continuare nella sua bolla senza rendersi conto della realtà di lutti

Si discute e si litiga per la ripresa degli allenamenti e del campionato, senza capire che servirà uno sforzo di tutti e tempo per poter ripristinare le cose

Serie A g

Il calcio continua a vivere in una bolla tutta sua, commenta Alessandro Barbano sul Corriere dello Sport, partendo dalle distonie evidenti dei discorsi di ieri

Il governo valuta di varare ogni attività sportiva all’aperto e perfino le passeggiate nei parchi, e il ministro dello Sport Vincenzo Spadafora, prima annuncia e poi auspica la ripresa del campionato di calcio il 3 maggio. Il governatore Fontana lancia un appello disperato ai lombardi a non uscire da casa perché – dice – «presto non saremo più in grado di aiutare chi si ammala», e i presidenti dei club continuano a litigare sulla ripresa degli allenamenti e convocano medici, preparatori e tecnici per studiare sedute differenziate. Siamo sul Titanic o su Scherzi a parte? O su tutti e due?

Barbano commenta che si può anche discutere della ripresa degli allenamenti, ma a patto di stare con i piedi per terra e non negare la realtà, una realtà fatta di lutti e un Paese che cerca le misure migliori per salvarsi. Il calcio ha ragione a preoccuparsi perché se il campionato non dovesse terminare il danno economico sarebbe ingente. Ma per pensare di poterlo portare a termine bisogna avere ben chiaro che non si potrà tornare ad allenarsi il 14 aprile e in campo il 3 maggio, per cui serve un patto tra le società e i calciatori

che prolunghi i contratti senza tagliare gli stipendi. Una stagione di quindici mesi pagata per dodici. A cui inevitabilmente seguirà una stagione di 9 mesi pagata per altrettanti dodici. Rispettando gli ingaggi e garantendo i diritti televisivi

Dall’emergenza si può uscire tutti più forti, commenta alla fine Barbano, ma se si capisce che bisogna andare tutti dalla stessa parte senza sotterfugi e senza cercare di speculare sull’economia della guerra

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