ilNapolista

Bastianich: «Gli italiani sono invidiosi. In America c’è più meritocrazia»

Intervista a Il Giornale: «Basta con la tirannia degli chef. nel mondo del cibo servirebbe più democrazia»

Bastianich: «Gli italiani sono invidiosi. In America c’è più meritocrazia»

Il Giornale intervista Joe Bastianich, ristoratore, musicista, artista. Metà italiano e metà americano. Oggi al tavolo dei giudici di Italia’s Got Talent dopo anni di Masterchef. Parla di cucina, passioni, ma anche delle differenze tra Italia e Stati Uniti e del diverso concetto del cibo.

Il fast food, tanto per cominciare. L’italia ne ha una concezione diversa rispetto all’America.

«Voi ne avete un’idea cheap, da noi invece non è un ristorante di seconda o terza classe. Ci vanno dal presidente degli Stati Uniti alle star dello sport, fino appunto ai ragazzini. Io stesso almeno una volta al mese ho voglia di sentire quei sapori. E ci vado a mangiare».

Dell’Italia dice che gli piace il cibo, la cura artigianale delle cose, l’apertura mentale.

«Siete il Paese del cibo, ci sono prodotti ovunque e di grande qualità. E poi c’è la nonna che cucina, chi ha l’orto con gli animali: tutto è molto artigianale. L’Italia è un posto fantastico e molto aperto. Per esempio: io qui a 50 anni posso fare musica, mentre negli Usa c’è una certa discriminazione riguardo all’età».

Ma c’è un però, anzi, diversi.

«Noi siamo più ottimisti, e se uno ha voglia di fare alla fine vince. C’è più meritocrazia. Gli italiani invece sono invidiosi: se il tuo amico ha successo lo guardi male. In America ne sei fiero e gli stai vicino. Magari prima o poi il successo arriva anche a te. E diciamo anche che avete dei problemi da risolvere, e fate un po’ fatica a farlo».

Uno dei problemi esistenti è quello dell’immigrazione.

«Non posso dare giudizi che non siano di parte: io sono un prodotto dell’immigrazione. Ci sono problemi, questo lo capisco: si deve lavorare per risolverli. Ma chi scappa da casa per una guerra non lo fa volentieri. Chi cerca una vita migliore merita di essere aiutato. Comunque sono questioni irrisolte anche negli Stati Uniti».

Bastianich dice la sua anche sulla moda di aprire ristoranti che è scoppiata in Italia, cosa positiva perché la ristorazione è diventata una professione, ma negativa per la tirannia degli chef.

«Il fatto che la ristorazione sia diventata una vera professione è positivo. Si vedono bambini che sognano di lavorare in cucina, si stanno costruendo carriere scolastiche, le scuole alberghiere sono sempre più ricercate. È bello che seguire questa strada possa rendere orgoglioso una persona. Ma sulla tirannia degli chef si è esagerato un po’ troppo. In questo momento il ruolo dello chef ha superato i confini di quello che è giusto e che è utile. Dài, c’è gente che va nei ristoranti a inginocchiarsi davanti allo chef per farselo amico neanche fosse il Papa…».

Bisognerebbe tutti fare un passo indietro, dice.

«Si torni a capire da dove arriva il cibo. Che è più importante di chi lo cucina. O, per meglio dire: dalla materia prima in su, tutti in cucina sono importanti. Sembra invece che chi ne è a capo sia come Cristo in terra. Basta, non è così».

Nel mondo dei ristoranti c’è spazio per tutti, continua e le stelle non sono importanti.

«La cosa  importante è mangiare bene, avere del cibo buono e sano per tutti. Avere un’offerta giusta e onesta. Insomma, diciamolo, nel mondo del cibo servirebbe più democrazia».

Anche l’Igp portato nel fast food risponde alla voglia di democratizzare il cibo.

«Non si può solo parlare dei prodotti super costosi, di piatti da 40 euro. Bisogna cucinare per le masse e dare qualcosa indietro a quello che loro ti offrono. Portare l’Igp in un fast food è fantastico. È il buono e bello del prodotto: la qualità, il know how di fare un hàmburger».

C’è una cosa che non deve mai mancare in un ristorante, per Bastianich, l’identità.

«L’identità. A qualsiasi prezzo. Secondo me ogni ristorante deve avere un’offerta chiara: non puoi avere tutto per tutti. Qualità e identità, con quelle il successo è garantito».

Joe racconta anche un po’ del suo passato. Si descrive da giovane come serio per necessità, tanto per cominciare.

«Ero serio perché non avevo altre opzioni. Ero un po’ sfigato e senza tanto da mangiare. Dovevo darmi da fare».

La passione per la musica è nata da un desiderio di fuga, racconta.

«Ah, il Bastianich musicista nasce da quel mondo italiano in cui vivevo. Io da bambino volevo essere altro, è stata una fuga dall’italianità della mia vita. Volevo scappare via dalla nonna, dalla famiglia, dal cibo, da mio papà che suonava la fisarmonica e cantava in italiano. Io invece sognavo la chitarra, volevo essere un vero americano».

ilnapolista © riproduzione riservata