Due gli ingegneri coinvolti. Entrambi facevano parte del Provveditorato alle Opere Pubbliche che diede l’ok nonostante i segnali di criticità. Altri 30 rischiano lo stesso destino
L’Ordine degli ingegneri di Genova ha intenzione di aprire un’istruttoria su due ingegneri che hanno avuto a che fare con le indagini sul crollo del Ponte Morandi. A prescindere da quello che sarà l’esito del processo. Un provvedimento che potrebbe sfociare nella sospensione dall’attività lavorativa. Non solo: altri 30 ingegneri genovesi rischiano la stessa sorte. La notizia è sul Secolo XIX.
Si tratta di una novità, perché finora, per provvedimenti del genere, gli Ordini hanno sempre atteso l’esito dei procedimenti giudiziari.
Sono due, come anticipato, gli ingegneri nell’occhio del ciclone, entrambi oggetto di avviso di garanzia. Entrambi sono stati membri della commissione del Provveditorato alle opere pubbliche che autorizzò il progetto di retrofitting sul viadotto presentato da Autostrade nel marzo del 2018.
Si tratta di Antonio Brencich e Giuseppe Sisca.
Il primo, negli anni, si è sempre distinto per le denunce sul degrado del ponte Morandi. Scrive il quotidiano genovese:
“È proprio la sua conoscenza del tema a spingere il Provveditore alle opere pubbliche Roberto Ferrazza a scegliere il suo nome. Alla commissione, costituita da cinque membri, viene data una settimana per analizzare la mole impressionante di documenti presentati da Aspi a sostegno del progetto di restyling dei tiranti. Nelle osservazioni finali ci sono passaggi fortemente critici. Alcuni dei metodi di misurazione usati sono, secondo la commissione, superati e scientificamente inaffidabili; e in alcuni frangenti, l’errore può essere «del 100%». Nessuno tuttavia impone l’interruzione, anche parziale, della circolazione, sebbene non sia chiaro su chi davvero ricadesse quella responsabilità”.
Ecco perché la Procura lo ha messo sotto indagine.
Non solo Brencich e Sisca (che pure firmò l’atto di approvazione e pure è tra gli indagati).
Continua il quotidiano:
“l’Ordine ha discusso al suo interno un’ipotesi più radicale, poi accantonata: aprire un’istruttoria anche sulla trentina di professionisti che votarono quel documento”.