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Io che odio Insigne, quel gol alla Juve è dedicato a me

Da mesi ripeto: “moriremo d’Insigne”. Prendo e porto a casa. Mi zittisco. In fondo me lo merito. Che bello aver avuto torto almeno per una splendida serata.

Io che odio Insigne, quel gol alla Juve è dedicato a me
during the Italian Serie A football match SSC Napoli vs Fc Juventus.

Scrivo da una località ignota, persino a me. Ci sono arrivato a piedi, perché sotto casa era tutto un carosello di carri del vincitore, e io non ho l’animo di salirci. Qui non dovrebbe arrivare l’eco dello scherno, la valanga di sassoloni che anche i miei più cari affetti si stanno togliendo dalle scarpe a mio unico beneficio.

Io sono quello che è arrivato a Napoli-Juventus ripetendo a tutti un mantra profetico, per mesi e mesi: “Moriremo d’Insigne”. Io, il Napoli, i tifosi. Ora resto solo io, mi sa.

Sono quello che al primo accenno di restaurazione annusò “il capitano al centro del progetto” quando tutti davano per certa l’epurazione dei reprobi. “Mo ti faccio vedere – mi dicevano – quanti buffi gli dà Gattuso a Insigne”. E invece lui lì, sempre titolare, sostituito appena un paio di volte, definito dal nuovo allenatore “uno dei migliori 10 talenti italiani degli ultimi 20 anni”. Io a gongolare, il re del “te l’avevo detto io”, sottolineando ogni prestazione incolore e inodore di Insigne, ogni “tiraggiro” in curva, ogni dribbling abortito, quegli atteggiamenti da fuoriclasse scocciato, e le sue statistiche trancianti, col più basso rapporto tiri/gol del campionato. Sapevo che prima o poi mi sarebbe tornato tutto contro. E’ un fenomeno ciclico, puntuale come il gol-capolavoro che risolleva le quotazioni del fuoriclasse di Frattamaggiore tenendone a galla il credito per i successivi mesi di stenti.

Io sono quello a cui Insigne ha dedicato inconsapevolmente la mezza rovesciata del 2-0 alla Juventus, dopo l’1-0 alla Lazio in Coppa Italia. Prendo e porto a casa. Anzi, mi autopunisco. Non mi pento, ma abbraccio la croce e mi ritiro (io sì) a tifo privato, ad espiare il peccato originale: ho esultato, ho goduto per il 2-1 alla Juventus di Sarri, sapendo che di lì a poco mi avrebbero aspettato al varco delle mie certezze.

Ora non parlo più, perché rispondo all’esigenza diffusa di chi ha ascoltato per mesi la mia litania antinsigne e può rinfacciarmela a piacimento. Manco ho fatto in tempo a godermi la vittoria del San Paolo, che mi si è ribaltata addosso questa benedetta coerenza. Perché si può restare tifosi senza perdere il senno, e si può festeggiare il successo insperato senza per forza doversi rimangiare tutto subito, come se il passato non esistesse. Figurarsi la logica.

Per cui mi rifugio in questo luogo intimo con le mie convinzioni, senza passare per la notte della ragione e il suo ottovolante emotivo: non pensavo che il Napoli sarebbe retrocesso due settimane fa, come non credo che Insigne sia il campione che trascinerà la grande rimonta imperiale. Ora, semplicemente, mi zittisco. In fondo me lo merito. Non volevo aver ragione, e che bello aver avuto torto almeno per una splendida serata.

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