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Il film di Zalone lascia un retrogusto amaro che lo spettatore non sa (o non vuole) spiegarsi

Non c’è una morale nel film. Lo spettatore medio ne esce frastornato anche se qualche risata se l’è fatta. Il finale è un po’ Pirandello e un po’ Disney all’italiana

Il film di Zalone lascia un retrogusto amaro che lo spettatore non sa (o non vuole) spiegarsi

Mentre su tutti i profili di Facebook ci si azzuffa sul nuovo film di Checco Zalone, folle oceaniche fatte di amici e famigliole felici si recano al cinema salvandone l’economia sempre più traballante. Anche noi abbiamo rimpinguato le casse del nostro ed abbiamo finalmente visto “Tolo Tolo” una commedia in cui si sorride castigando mores. Un giovane-adulto pugliese di Spinazzola – Pierfrancesco “Checco” Zalone (sigh, indovinate interpretato da chi?) – apre un ristorante Sushi nella patria della salsiccia, Spinazzola nelle Murgie: è chiaro che la cosa non può finire bene e rifiutato il reddito di cittadinanza viene inseguito dai parenti finanziatori, dalle due ex mogli e dalle more dello Stato italiano. Decide di andare in Africa allora per fare il cameriere in un Resort: ma qui è ancora perseguitato da creditori e parenti, ma anche dalle squadre della morte che uccidono indiscriminatamente.

Il suo destino si incrocia con i disperati della terra che cercano in Italia un nuovo destino: si lega ad un suo vecchio compagno di lavoro Oumar (Souleymane Sylla), e s’ innamora della giovane donna Idjaba (Manda Touré) che ha con sé il piccolo DouDou (Nassor Said Birya) che cerca un ricongiungimento familiare. Le varie peripezie del trio nel deserto e nei centri di detenzione libici porteranno al viaggio delle Speranza. Zalone – aiutato nel soggetto e nella sceneggiatura da Paolo Virzì – gioca con i mali atavici italiani – politica corrotta, etc… – e con gli stereotipi sull’Africa, scandendo il tutto con canzoncine leggere e facilmente accessibili al palato medio dello spettatore: fa eccezione solo la vasta discografia di Nicola Di Bari che fa da contrappunto nostalgico.

Non c’è una morale nel film: solo la rappresentazione tra l’ironico ed il patetico di una realtà che così è anche se a noi non pare. E, questo assunto è testimoniato dal finale: un po’ pirandelliano, un po’ Disney all’italiana. Lo spettatore medio ne esce frastornato: qualche risata se l’è fatta, ma gli rimane un retrogusto amaro che non sa – o non vuole? – spiegarsi.

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