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Da Ronaldo a Ibrahimovic, il calcio italiano vive di vita riflessa

Noi che abbiamo ospitato l’élite mondiale, noi che se non giocavi in Serie A non potevi considerarti un vero campione, ora elemosiniamo e gioiamo ed esaltiamo cose che appena dieci anni fa ci facevano rabbrividire.

Da Ronaldo a Ibrahimovic, il calcio italiano vive di vita riflessa
(KontroLab)

Il calcio è sempre stato lo sfogatoio del Paese – prima dei social unico pungiball a disposizione – ed in un Paese che si macchia di isterici slanci provinciali non poteva non esserne un moltiplicatore. E cosi da alcuni mesi a questa parte va di scena una macchiettistica rappresentazione del ragazzo di paese che negli anni sessanta lasciava il suo anonimo comune per ritrovarsi in una metropoli proiettata ad imitare quelle viste al cinematografo. Il protagonista è la stampa sportiva pronta ad elogiare in maniera orgasmica un trentacinquenne pagato oltre trenta milioni, che ha vinto in Italia quanto Padoin, e ad eccitarsi sensibilmente all’arrivo di un trentottenne che, per quanto geniale sia, per quanto forte, è pur sempre uno che aveva lasciato abbondantemente il calcio serio per dedicarsi alle vacanze negli States.

Che fine abbiamo fatto? Noi che abbiamo ospitato l’élite mondiale, noi che se non giocavi in Serie A, non potevi considerarti un vero campione, ora elemosiniamo e gioiamo ed esaltiamo cose che appena dieci anni fa ci facevano rabbrividire. Vedi l’Inter di Conte che per carità merita tutti i complimenti per la sfrontata concretezza con cui lotta per il vertice, ma che francamente ha poco a che fare con l’idea sublime del giuoco del calcio.

Insomma l’Italia ha perso la dignità, la memoria, la via del pallone, la coerenza e vive di briciole, di echi, di prodezze, di sussulti, di avvistamenti di quel che fu e non riesce a ritornare, sballottolata e incredula con la valigia di cartone in mezzo al trambusto della grande metropoli, con gli occhi che sognano carte copiative ingiallite. Il calcio italiano ed il suo strascico mediatico sono una pellicola di altri proiettata sul muro del paesello, esattamente come la scena madre di Nuovo cinema Paradiso quando Alfredo ed il piccolo Toto regalano ad altri la gioia di veder proiettato sulle mura della piazza di contrabbando lo spettacolo che non possono permettersi. Come quei paesani viviamo di riflessi, di censure, di tagli e di copia ed incolla tesi a manipolare la mente. Ma il cinema rinacque dopo l’incendio, e divenne glorioso senza più la necessità di tagliare le parti, per aggraziarsi i palazzi buoni.

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