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L’infermiera di Sinisa: “Durante le partite del Bologna i degenti lo sentivano urlare. Fa il duro ma è buonissimo”

Il Corriere Bologna intervista Carmela Boscarino, che ha assistito il tecnico al Sant’Orsola: “All’inizio ci ha fatto paura, poi si è lasciato andare”

L’infermiera di Sinisa: “Durante le partite del Bologna i degenti lo sentivano urlare. Fa il duro ma è buonissimo”

Nell’ultima sua conferenza stampa, Sinisa Mihajlovic ha fatto il punto sulla sua malattia. E ha anche citato i medici e gli infermieri che lo hanno assistito al Sant’Orsola di Bologna. Tra questi c’è Carmela Boscarino, infermiera di origine siciliana. Sinisa l’ha definita il suo angelo custode.

Oggi il Corriere Bologna le dedica un’intervista.

«È stato un signore. Lavoravo mentre lui era in conferenza stampa, ho sbirciato dalla camera di un paziente che la guardava. I suoi elogi ci hanno emozionato. Ha detto parole forti, da esempio. Questi malati sanno benissimo a cosa vanno incontro, non è facile accettare di avere il midollo di un’altra persona. Ma bisogna farlo, è la salvezza».

In reparto Sinisa è stato trattato come tutti gli altri pazienti. E, come tutti gli altri, ha avuto anche i suoi momenti no.

Di lei, Sinisa ha anche detto che è “dura ma leale”.

«Fa parte del nostro mestiere, è necessario. A coccolarli ci pensa il parente, noi li coccoliamo in altro modo. Gli stiamo vicino, facciamo due chiacchiere quando capiamo che è il momento. Cercando di essere, io come i miei colleghi, più sincera possibile. All’inizio è stato un po’ difficile fargli capire la situazione, poi però è stato bravissimo, ha fatto tutto quello che doveva».

Durante le partite del Bologna, racconta, gli altri degenti lo sentivano urlare

«Mai nessuno si è lamentato. Quando la squadra perdeva chiedevano in che modo l’avesse presa Sinisa».

L’infermiera racconta la reazione di Sinisa dopo le partite.

«Si incazzava facilmente per il Bologna. Anzi, quando c’erano le dirette evitavamo proprio di entrare in camera, capivamo non fosse il caso».

Il giorno più bello dell’esperienza accanto al tecnico è stato quello della reinfusione.

«Il destino ha voluto che ci fossi io quando è arrivato il midollo. Alla fine Sinisa si è messo a scherzare e ridere, sapendo che il donatore fosse americano ha cominciato a parlare in inglese, senza conoscere una parola. Lo hanno preso in giro tutti, in quelle risate si è sciolta la tensione».

Il più brutto quello in cui uscì in permesso, durante il ricovero.

«Perché ha avuto paura. Mi ha chiesto: e se mi viene la febbre? Gli ho risposto che non sarebbe stata una passeggiata a farlo ammalare».

L’infermiera racconta di aver passato molte notti con Sinisa a parlare, mentre lui era insonne.

«Un po’ di tutto. Non a livello confidenziale, ma di racconto. Mi ha detto di quello che faceva, della sua professione, da dove viene. La guerra era un argomento molto toccante per lui».

Un Sinisa inedito, quello che ne viene fuori

«All’inizio ci ha fatto paura, sembrava uno molto duro, quando si è lasciato andare è venuto fuori il Sinisa che vedete, un uomo umile che apprezza le piccole cose. È una bravissima persona, magari fa il duro perché il mestiere lo porta a esserlo, in realtà è buonissimo».

 

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