Il razzismo italiano sul NYT. Lukaku: “Prendo la rabbia e la porto sul campo”

La vera protagonista della lunga intervista al giocatore dell'Inter è la discriminazione nei nostri stadi: "Ma non possiamo restare in silenzio"

E meno male che Lukaku era un bidone

Il razzismo del calcio italiano sul New York Times. E’ il vero protagonista di una lunga intervista a Romelu Lukaku titolata “When the Monkey Chants Are for You: A Soccer Star’s View of Racist Abuse”, che si traduce da sé. Si parla della situazione italiana per tre quarti del pezzo: Rory Smith, il giornalista del NYT, elenca tutti gli episodi del recente passato. Ne esce un ritratto desolante. Lukaku ne fa più che altro il co-protagonista, la sponda. 

A cominciare dall’incipit, visto che al momento dell’intervista Lukaku è nel pieno delle polemiche sul “Black friday” del Corriere dello Sport.

“E’ follia”, commenta a caldo mentre lascia ai social il compito di veicolare il suo sdegno. “Mi ci sono confrontato molte volte con il razzismo nella mia vita. Alla fine ti costruisci come un’armatura. Prendo la mia rabbia e la porto sul campo”.

Il NYT spiega che la frequenza con cui si presentano gli episodi di razzismo in questa stagione è allarmante. In Italia, il razzismo è motivato anche dal comportamento del precedente governo M%S-Lega. “E questo aumento si riflette sui giocatori di colore, allo stadio”

La questione razziale non è solo quella che si trasmette in maniera evidente attraverso i buu allo stadio, però.

“Quando vengo paragonato agli altri attaccanti non è per mai le mie abilità. Ricordo un commento di un giornalista, in Inghilterra, che disse che lo United non avrebbe dovuto prendermi perché non sono un giocatore intelligente”.

E’ difficile pensare, scrive ancora il giornalista, che non sia un problema di colore della pelle. “Una ricerca di Cynthia Frisby dell’University of Missouri ha dimostrato che i giocatori di colore vengono ritratti sui media come dotati naturalmente di un gran fisico, ma con qualche mancanza di intelligenza e ed etica del lavoro”.

“Ma io non credo che sia così – dice Lukaku – giocatori come Thierry Henry, Nicolas Anelka, Marcus Rashford, Anthony Martial sono discussi per le loro abilità. Solo che alcuni giocatori vengono visti in una certa maniera”.

Lukaku parla 6 lingue, e dice che in “due o tre settimane di pratica intensiva” ha “raggiunto un livello ragionevolmente fluente di Italiano”: “Ormai nessuno mi parla più in inglese”.

Nella vita di tutti i giorni ha notato che la gente è tranquilla, e che c’è “un contrasto tra quel che succede negli stadi e quello che avviene per strada”.

La lotta contro il razzismo è “dura”. “Dobbiamo continuare a combatterlo, non possiamo restare in silenzio”.

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