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Ancelotti tira la linea per fare chiarezza nel Napoli (le mele marce)

Se uno come lui arriva a convocare il ritiro, vuol dire che la misura è colma. E la fronda ne è la riprova. La società sposa la linea dura. Ma ora dovrà ascoltare di più il tecnico

Ancelotti tira la linea per fare chiarezza nel Napoli (le mele marce)

A questo punto è chiaro. Il Napoli ha scelto: sta con Carlo Ancelotti e la linea dura. Che poi, più che linea dura, dovrebbe essere chiamata linea chiara. Se uno come lui, da sempre contrario ai ritiri – lo ha scritto in maniera inequivocabile nei suoi libri – si converte a una pratica che nel calcio contemporaneo non ha più senso, vuol dire che ha un altro obiettivo. E il pensiero ovviamente torna alle mele marce di Arrigo Sacchi. Un concetto troppo spesso dimenticato (da chi ovviamente vuole dimenticarlo).

Nella sua carriera, mai Carlo Ancelotti aveva usato nei confronti dei suoi calciatori i toni che ha utilizzato ieri sera dopo la sconfitta col Bologna. È stato sin troppo chiaro. «Io mi assumo le mie responsabilità, ma non sono il solo a dover farlo. I calciatori non danno tutto quel che possono dare». Messaggio forte e chiaro. Non si sarebbe spinto a toni che non gli appartengono se non avesse ritenuto la misura colma. 

E oggi riunione con i calciatori e la decisione che si va tutti in ritiro. Si potrebbe anche dire che un mese dopo l’allenatore approda alle posizioni di Aurelio De Laurentiis. È così ma non è semplicemente così. Perché nel mezzo c’è un mese appunto. E in questo mese, come sua abitudine, come suo metodo di lavoro, Ancelotti ha provato a tenere la squadra unita. Ed è stato ripagato con una serie di prestazione inaccettabili, tranne quella sontuosa di Liverpool dove i calciatori hanno sfoderato l’orgoglio e sono riusciti a fermare i campioni d’Europa in casa: unici a farlo quest’anno, così come il Napoli è l’unica squadra ad aver battuto i Reds. Il resto sono state prestazioni inadeguate. Squadra svogliata, deconcentrata, senza motivazioni, sfilacciata.

Il ritiro segna una linea di demarcazione. E l’opposizione al ritiro di alcuni calciatori ne è la prova del nove. Come abbiamo più volte scritto (anche oggi), De Laurentiis ha commesso l’errore di essere troppo legato a certi calciatori. Magari De Laurentiis fosse il cinico che viene descritto da tanti tifosi. Avrebbe dovuto ascoltare i consigli di chi nel calcio vive da quando è nato. Avrebbe dovuto favorire il ricambio. Un ciclo è finito. Da tempo. E se non si tagliano i rami, le mele – come ha detto Sacchi – diventano marce.

Oggi abbiamo scritto che De Laurentiis avrebbe dovuto scegliere. Ci pare che abbia scelto. Anzi, non ha nemmeno scelto. Ha proseguito sulla sua strada. E la sua strada è sempre stata quella della fiducia ad Ancelotti. Almeno così pare. A questo punto, dopo quattro mesi, è inutile attardarsi. Chi c’è, c’è; gli altri addio. C’è il Napoli da tutelare. Oltre a una storia professionale prestigiosa che solamente tifosi incompetenti come quelli del Napoli possono mettere in discussione. Esclusioni eccellenti ce ne sono già state. Se Ancelotti lascia fuori Callejon, un motivo ci sarà. Qualche motivo lo abbiamo visto tutti a Milano. Ad Ancelotti, come a tutti i fuoriclasse, non difetta certo il coraggio. A Liverpool ha rivoluzionato la fascia destra e ha avuto ragione. A Liverpool ha giocato senza Insigne (oltre a Callejon) e il Napoli ha sfoderato una prestazione epica.

Il Napoli ha bisogno di chi va in campo per dare il massimo. Non possono esserci rendite di posizione. Non è più il momento. Il posto lo si conquista sul campo. A Liverpool Ancelotti ha dato fiducia a Mertens e il belga lo ha ripagato con un gran gol, come del resto accade spesso. Non lo stesso si può dire di ieri sera quando invece ha sprecato un’ottima occasione su splendido assist no look di Lozano. A Liverpool tutti hanno dato il 101%, da Allan a Manolas, a Koulibaly. Tutti.

Ancelotti vuole capire su chi può contare e su chi no. Partendo dal presupposto che lui ha profonda stima in questo gruppo, in questi calciatori che lui reputa di primissimo livello, altrimenti non si sarebbe esposto in quel modo in estate. Poi, per i casi irrecuperabili, gennaio è vicino. La stagione è ancora lunga, non è affatto finita. E soprattutto il Napoli non è finito. Bisogna ragionare in prospettiva. Qui, ovviamente, tocca a De Laurentiis ben più che ad Ancelotti. È lui che deve immaginare e lavorare al futuro del Napoli. Per noi, ovviamente, è un futuro che non può prescindere da Ancelotti. Ma bisogna ascoltarlo, come l’Inter ha ascoltato Conte. Altrimenti è soltanto uno spreco.

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