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Ancelotti: a un Re non si rinuncia mai, pur con le sue responsabilità

FALLI DA DIETRO – De Laurentiis ha fracassato tutto e ora non c’è più rimedio. L’annus horribilis sarà difficile da raddrizzare

Ancelotti: a un Re non si rinuncia mai, pur con le sue responsabilità

FALLI DA DIETRO – COMMENTO ALLA 16° GIORNATA DEL CAMPIONATO 2019-20

Il calcio non vuole pensieri.
Sono andato in ritiro. Per un po’.
Via dalla pazza folla.
Da questa tifoseria grulla.
Da questo clamore di pasta frolla.
Da questo insopportabile tira e molla.
Direbbe più o meno così quel mattocchio geniale che fu Remo Remotti, per chi se lo ricorda.

Sono andato in ritiro.
Per prati. A raccogliere margherite d’oblio.
Per fonti. A bagnare mani e fronte in acque argentine.

Il calcio non vuole pensieri.
Ma c’è sempre un ritorno.
Pur se la tempesta è incessante. E non finirà presto.
Una tempesta voluta e orchestrata dalla ipertrofia egotica di un Padrone in delirio narcisistico.

Sarà felice così, quel Padrone. Ora che ha fracassato tutto. E non c’è più rimedio.

A un Re non si rinuncia mai.

Se si ha la fortuna di averlo come dipendente, a un Re non si rinuncia mai.

Pur con le sue responsabilità per eccessiva mitezza.
Pur con le sue responsabilità per eccessivo ottimismo, a proposito di qualche valutazione esagerata.

A un Re che ha scritto la storia del calcio degli ultimi 15 anni, non si rinuncia mai.

Un Re garantisce l’aria rarefatta e fine delle alte vette dell’eccellenza.
Un Re ti accompagna con l’abito del prestigio e dell’autorevolezza, al ballo di corte dell’Empireo
Dove si respira il profumo di spalle femminili lavate di fresco.

A un Re non si rinuncia mai.

Se si rinuncia a un Re vuol dire che la decisione è presa.
Ed è una resa.

E’ un addio alla seta degli smoking che brillano e ai diamanti che luccicano.
E’ un adeguarsi a grisaglie più rozze e a balere meno impegnative.
Orizzonti meno gloriosi ma forse più redditizi.

Il Gattaccio ringhiante cosa può fare?
A lui piace tanto allenare.
Ha messo pure la tuta di un suo recente predecessore per suscitare e resuscitare un po’ di nostalgia.
Ha fatto la sua sceneggiatella ai microfoni, ed eccolo in campo.

Cosa volete che faccia?
Che rincorra il Pibe di Fratta per mandarlo a pedate a quel paese?

La decisione è presa.
Ha vinto il faccendiere panzone. Il nocerino di Haarlem.
Temo in un brivido che questo non rassicurante figuro abbia un ruolo da protagonista in questa vicenda.

Ha fatto irruzione nel mondo azzurro da una finestra, di soppiatto, quasi inavvertito.
Ma temo la sua ingombrante presenza a lavorare nell’ombra.
E – se così è – è una presenza dal fragore di un’apocalisse.

Promette protezioni vantaggiose nelle osterie dove si trattano plusvalenze e figurine Panini. Argomenti appetitosi.
E probabilmente è quello più ascoltato.
E probabilmente è quello che detta regole e condizioni.

Cosa volete che faccia il Gattaccio ringhiante?
Il calcio non vuole pensieri.
E in quello spogliatoio lì i pensieri soffocano il respiro. E creano invisibili catene.

L’annus horribilis sarà difficile da raddrizzare.

Viene in mente una famosa frase manzoniana.
“Va’, va’, povero untorello, non sarai tu quello che spianti Milano.”
La dedico al Gattaccio, e speriamo che mi sbagli.

Nel Derby delle Panchine Nuove ha la meglio Ranieri er Fettina.

Noia a palate. Poi entra il Gabbiacigno e cambia la partita.

I Grifagni grifoni non vincono un Derby da otto anni, e ora sono risucchiati nella zona calda.
Così imparano a cambiare un tecnico preparato come Nonno Andreazzoli.
A un signore non si rinuncia mai.

L’incredibile accade al Bentegodi.
Il Toro a venti minuti dalla fine vince 3-0.
Poi il suicidio granata.
I Pandoro rimontano grazie anche un rigore su un mani come al solito alquanto discutibile.

Rimontano e vincono anche i Sangue-Oro.
Non senza fatica, dopo un primo tempo orribile, nella ripresa ribaltano il rigore del Petagnone sempre più sosia del Vincent D’Onofrio di “Full Metal Jacket”.

Ma fra le loro file è rientrato quel talento puro che è Lorenzo Pellegrini.
Artista sublime del gioco verticale. E allora se hai uno così, tutto è più facile.

Passo falso della Dea al Dall’Ara che paga forse anche lo stress del miracolo europeo.

Gasp deve fare a meno di Ilicic, Papu, Zapata, vale a dire dei suoi uomini migliori e della loro imprevedibilità tra le linee.

E alla fine deve inchinarsi davanti a “El Trenza” alias Rodrigo Sebastián Palacio.

Il quale ha una carta d’identità che ricorda i suoi 37 anni, ma lui se ne infischia e continua a segnare.

Pareggiano nel recupero gli Stilnovisti nel clou al Franchi, con gran gol di Dusan Vlahovic diciannovenne talento serbo di Belgrado sulle cui doti l’Aeroplanino crede ciecamente. E Dusan ricambia salvandogli la panchina.

Comunque mai vista una capolista più scarsa di questa Suninter.

Mi sa che per gli ergastolani anche quest’anno andrà tutto liscio.
E faranno nove facile.

Roma, un oceano di sardine.
Ma la maggioranza degli italiani è formata da carciofini sott’odio.

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