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Il gocciolone di Insigne al 74′. La giocata più bella della serata

Le 10 cose di Napoli-Salisburgo che non potremo dimenticare. Il palo di Callejon. La schiena (o il braccio) sempre di Lorenzo per il gol. Il cambio fra terzini a testimonianza di un puzzle di cui non si viene a capo. I momenti essenziali della partita di Champions

Il gocciolone di Insigne al 74′. La giocata più bella della serata

Non possiamo aggiungere la qualificazione agli ottavi tra le dieci cose da ricordare di questa partita di Champions, ma la prima da dimenticare è il ricorso all’idea che il ritiro risolva i problemi. Vediamo cosa ci porteremo nei nostri ricordi di questa serata:

Uno. Il fallo da rigore di Koulibaly. Avrebbe potuto tenere la posizione e aspettare, invece ha scelto la via del testosterone e dell’adrenalina. Inutilmente. Non è la prima scelta sbagliata di KK nelle ultime partite e si fa fatica a individuarne la genesi nella famosa preparazione cominciata in ritardo. Non può più essere un problema di condizione atletica. Qui c’è un giocatore che difende con meno copertura e che ha perso parte delle sue certezze. Usa l’aggressività anche a sproposito come forma di compensazione. Si è rasserenato quando ha scorto in Maksimovic una spalla affidabile: il serbo ha vinto alla fine 11 duelli aerei.

Due. Il rigore di Haaland. Quando è partito con la sua rincorsa, abbiamo tutti pensato che Meret glielo avrebbe preso. Cominciamo ad aspettarci da Meret partite da fuoriclasse in ogni occasione. Contro il Salisburgo ha chiuso con 35 palloni toccati (due più di Lozano) ma non ha dovuto parare mai.

Tre. Il palo di Callejon. Inutile aggiornare i conti perché si finirebbe per addizionare le mele con le pere. Ci sono pali figli della malasorte (come quello di Zielinski all’Olimpico) e pali figli di errori, come quello di Milik a Roma, e questo qui. Un tiro senza troppa decisione. Non un vero colpo di testa ma un colpo con la testa. Un appoggio morto sul palo, a metà strada tra la porta e Mertens. 

Quattro. Il tacco di Mertens al 32’. Sulla tre quarti ha spalancato il prato sotto i piedi di Fabián Ruiz che poi cercherà Insigne, il quale consegnerà il pallone agli dei. Il tacco è il gesto vero di quest’azione perché non è da Mertens, giocatore che mette la fantasia nei suoi colpi quando è al servizio della finalizzazione. Dries non è un vanesio. Nemmeno questo tacco è stato vanità. 

Cinque. Il sinistro di Fabián Ruiz al 42’ è ormai un classico. Si è inclinato sul lato sinistro, preparando il piede preferito e come un Marc Marquez in una curva di un gran premio del motomondiale, in tutta la sua piegatura ha fatto partire il tiro a mezzaluna. Alto di pochissimo. Ottantaquattro palloni giocati con una percentuale di precisione dell’85%. 

Sei. La schiena di Insigne al 44’ da cui è nato il gol del pari. Forse il braccio. Diciamo la schiena per dire il rimpallo. La forza del caso in una partita di calcio. La studi, guardi i video, la giochi come fossero scacchi, servi degli assist di collo e di esterno, colpisci di tacco (come Dries) e poi finisce per essere più decisivo un rimpallo (da cui nasce lo sviluppo che ha mandato Lozano in gol).

Sette. Il cambio Luperto per Mario Rui nell’intervallo. Il portoghese aveva chiuso il primo tempo con un pallone sciaguratamente regalato a metà campo. Nei suoi 45 minuti ha sbagliato un pallone su tre. Considerando che ne ha giocati 42, come dire quasi uno ogni minuto, la percentuale di errori è stata pericolosa e preoccupante. Luperto nel secondo tempo ha giocato 44 palloni. Significa che i terzini sinistri ne hanno messi insieme 86. Solo un’altra posizione stata coinvolta maggiormente nelle manovra: Di Lorenzo nel ruolo di terzino destro, con 88 palloni. A conferma della ricerca da parte di Ancelotti nelle partite europee di una ampiezza assoluta e bifronte, e della partecipazione degli esterni bassi. Se Red Bull ti mette le ali, Carletto ti mette i terzini. Abbiamo attaccato nel 42% dei casi a sinistra. La differenza sostanziale tra i due terzini sinistri consiste nel fatto che Luperto può commettere un errore mentre Mario Rui pare che se lo vada a cercare. Quello che abbiamo chiamato il puzzle dei terzini continua. 

Otto. Il gocciolone di Insigne al 74′. La giocata più bella della serata. Sfrontata, ignorante, geniale. Nell’alzare la testa, Insigne ha scorto il portiere fuori dai pali e ha cercato l’angolo alto della porta. Il drop è andato a incocciare l’incrocio dei pali (comunque a volerli contare sono già 14 in questa stagione) ed è rimbalzato dietro la nuca del portiere finendo in angolo. Tutti quelli che hanno giocato almeno una volta a biliardino sanno come si chiama in gergo l’azione che porta al gol in casi simili. Il labiale di Mertens è stato chiarissimo.

Nove. Il pallone alto sopra la traversa di Insigne al 78′. L’ennesimo della sua partita personale e della partita del Napoli. Ho contato 29 tiri verso la porta ma solo 4 nello specchio. Insigne ha giocato la partita perfetta per gli algoritmi, che alla fine gli hanno conteggiato un protagonismo pieno di 9 tiri, 11 dribbling, 4 passaggi chiave e 86 palloni toccati. 

Dieci. Il colpo di testa di Llorente all’88’. Ha preso il pallone arretrando, un gesto da centravanti verissimo, un nove puro dell’area di rigore. Avrà un’altra chance sempre di testa poco dopo. Se a Llorente gli dai 10 minuti, ne riempie 10 di calcio. Se gliene dai 4 ne riempie 4. Non spreca mai un sospiro.

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