L’allenatore non ha mai pensato di sottrarsi ai suoi doveri, lui è un uomo che le «imprese» preferisce affrontarle e non sfuggire, anche quando diventano complesse, persino rischiose
Antonio Giordano sul Corriere dello Sport si sofferma su Carlo Ancelotti, il leader calmo per eccellenza che martedì notte si è ritrovato in una situazione che non avrebbe mai immaginato potesse capitargli
è lapalissiano che qualcosa di enorme sia capitato, come mai in vita sua: non l’aveva sfiorato l’idea e neanche immaginata, che potesse accadere proprio a lui, il più Grande o uno dei più Grandi, di ritrovarsi nel caos più assordante, travolgente.
Dopo la gara con il Salisburgo l’allenatore è stato l’unico, con il suo staff, a recarsi al centro sportivo di Castel Volturno per rispettare il ritiro
un tecnico non può sottrarsi, obbedisce oppure saluta e le rese non gli appartengono, non ora che quel pareggio con il Salisburgo pareva avesse il valore di un’opzione per gli ottavi di finale, non in questa scommessa personale, quella di rimettersi in gioco in Italia, dalla quale uscirebbe ammaccato nel morale, nelle certezze che ancora resistono sulla possibilità di costruire qualcosa, fosse anche un ciclo da concludere quando verrà il momento che ancora non scorge.
Non è la prima volta che Ancelotti si ritrova in una situazione difficile, con una panchina che scotta e una classifica che langua, ma lui non è uomo da rifuggire le responsabilità e le sfide
dimettersi non rientra nel costume di un uomo che le «imprese» preferisce affrontarle e non sfuggire, anche quando diventano complesse, persino rischiose.