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Atalanta-Juventus, entra in scena Rocchi ed è apoteosi

Nel Napoli nessuno sorride più e nessuno ha più sete di conquista. La sfida col Genk sarà lo spartiacque della stagione

Atalanta-Juventus, entra in scena Rocchi ed è apoteosi
Pjanic e Rocchi (Ciambelli)

FALLI DA DIETRO – 13ESIMA GIORNATA DEL CAMPIONATO 2019-20

C’è confusione.

Il Forum di arbitri e allenatori.
Le ammissioni di Rizzoli.

Arriva il sabato e tutto quell’apparato messo in piedi a ostentare correttezza, trasparenza, rispetto, civile dialogare, si manifesta per quello che realmente è.
Un inganno.

A Bergamo una strepitosa Dea domina per settanta minuti.
Contro una Juve bruttissima e senza gioco.
E senza il Toy Boy. Che rientra alla Continassa dopo lo show con la sua nazionale. Ma non appena vede Sor Polpetta, ha un disturbo. Al ginocchio.

E’ una Dea priva di Ilicic e di Zapata. Ma domina.
Domina e spreca.
Anche un rigore. Che il tecnico fa tirare inspiegabilmente all’imberbe Barrow.
Che in Primavera si era distinto per averne sbagliati tre su cinque.
Preferito ai rigoristi doc come De Roon o il Papu o Pasalic.
Ma perché?

Domina per settanta minuti la Dea.
Poi entra in scena il solito calo fisiologico.
Poi entrano in scena i campioni argentini.

Poi entra in scena Rocchi. Ed è apoteosi.

Cross di Freuler deviato da Emre Can in area.
Secondo i dettagliati chiarimenti infrasettimanali di Rizzoli sarebbe rigore.
Rigore e basta. Rigore tutta la vita.
Non per Rocchi.

Cinque minuti dopo il miglior arbitro italiano si supera.
Azione d’attacco atalantina.
Cuadrado urla: “Ehi, la palla è mia!”
Scivola sull’erba bagnata e con una manata atterra la palla nella pozza.

Per Rocchi si può proseguire.
E si prosegue alla grande. Perché il colombiano crosserà al centro per il Gordo che è un fuoriclasse.
E un fuoriclasse la mette dentro.

Ed eccoli là ora.
Tutti ad “approfondire” tutti a cercare di “capire” tutti a “spiegare”.
Rocchi non ha visto. D’accordo, e gli altri tre in campo?
Il Var non poteva intervenire. Robaccia.

Ed eccoli là ora.
Tutti a tirare in ballo il vittimismo dei perdenti.
Di fronte a un oggettivo dato di fatto.
Ogni settimana solo una squadra si ritrova sempre in mezzo ad episodi dubbi. Episodi risolti sempre a favore.

C’è confusione. Dovrebbero smetterla.
Dovrebbero proprio smetterla.

Ma nessuno protesta.
Non il Gasparettaccio ai microfoni che stavolta mostra tutto il suo aplomb.

Lui che in genere si lamenta e sempre starnazza.
Lui che divenne afono per le urla contro Ciruzzo di Torre.
Lui che non strinse la mano a Maran.

Non protesta nessuno.
Non protesta la dirigenza Suninter, che pure avrebbe qualche interesse a pretendere di farli smettere.

Perché con gli ergastolani anche i Suninter se ne vanno e prendono il largo.
E saranno loro due che ormai se la giocheranno fino alla fine.

Conte è un condottiero vero.
Ha disegnato la squadra a modo suo.
E la gestisce in ogni minimo particolare.
Non trascurando nessun dettaglio.
Imponendo ai giocatori anche il minutaggio del rapporto sessuale.
Che per lui deve essere veloce e spiccio.
Palla al centro e goal.
Curioso di sapere cosa ne pensano in proposito le signore.
Compresa la contessa of course.

Nella piscina di via Filadelfia, se la sbriga velocemente il magnifico duo Lau-Lu, contro un Toro in preoccupante crisi.

Crisi a Milano. Per frenarla dovrebbero vincere entrambe.
Non vince nessuno.

Il Milan ha Suso in panchina che, si sa, con il pallone ci sa fare.
Ma con quel pallone gonfiato lì è un vero fuoriclasse.

La partita è brutta.
La malalingua di turno commenta una gara in costante equilibrio fra il “vorrei ma non posso” del Milan e il “potrei ma non voglio” del Napoli.

Il risultato fa più male alla beneamata, sempre più lontana dalla zona dell’oro.

In altre occasioni un Milan piccolo così lo avrebbe sbranato.

Non nel brancolare di queste ore.
Non in questo abisso qui, in cui la squadra annaspa e si storce.

C’è confusione.
L’Azteco va in goal e trova solo tre sparuti compagni ad abbracciarlo.
Gli altri lo ignorano. Sintesi icastica di malumori giganti.

C’è confusione.

In campo nessuno sa più cosa fare.
Nessuno fa la cosa giusta. Nessuno è al posto giusto.
Ma quel che più accora è scoprire che nessuno sorride più.
Quel che più accora è scoprire che nessuno ha più sete di conquista.

La stagione se ne va.
Dopo i proclami e le promesse dell’estate.
Difficile raddrizzarla.

La sfida col Genk, lo spartiacque.
Il Genk, dico.
Pimpante squadretta alla portata di un Benevento capolista in B.
Se si passa, per un po’ almeno non sarà più bufera.
Poi sarà lo sciogliete le righe. E ognuno per la sua strada.

Le romane vincono entrambe e si candidano per l’Europa.
Complimenti a chi ci ha mollato Manolas per sostituirlo con Smolling.
Complimenti a Mou che ritorna dopo un anno e vince il derby co gli Hammers.

Bufera su Balo scacciato da Grosso. Già al capolinea la sua millesima ripartenza?

Bufera su Van Basten in tv. Gli scappa un saluto nazista.
Fratelli d’Olanda.

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