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Vavassori, difensore arcigno di Atalanta e Napoli (con cui vinse la Coppa Italia)

Cresciuto nelle giovanili dell’Atalanta, poi passato in azzurro, un’infortunio lo fermò sul più bello. Da allenatore rese grande la Dea

Vavassori, difensore arcigno di Atalanta e Napoli (con cui vinse la Coppa Italia)

Nello speciale dedicato a Napoli-Atalanta, il Corriere dello Sport racconta la storia di Giovanni Vavassori, ex di entrambi i club, uno dei più amati dalle due tifoserie.

Nato ad Arcene, vicino Bergamo, ha vestito le maglie del Napoli e dell’Atalanta per dodici anni, prima di finire la carriera a Cagliari.

Un “difensore arcigno” che a soli 18 anni è titolare nell’Atalanta in serie B. Poi la promozione in A e anche lì si fa notare. Il Napoli si accorge presto di questo ragazzo promettente cresciuto nelle giovanili della Dea e lo porta in Campania nel 1972, quando ha poco più di vent’anni.

Le due prime stagioni sono eccellenti, sembra vicina anche la chiamata in Nazionale, ma a marzo di quell’anno arriva un brutto infortunio, in una partita contro la Sampdoria. Il ginocchio va in pezzi per uno scontro con il doriano Maraschi. La stagione finisce così e salta anche l’intero campionato 1974-75. Rientra in campo solo dopo un anno e mezzo di inattività, ma non è più quello di prima.

Resta in azzurro fino al 1977 giocando tutte le gare che contavano, e vincendo la Coppa Italia nel 1975-76, con la vittoria sull’Hellas Verona all’Olimpico di Roma. Poi torna a Bergamo.

L’Atalanta rimane in A per due stagioni, ma alla fine del campionato 1978-79 retrocede. Vavassori fa una scelta di cuore e decide di restare lo stesso. Poi, nel 1982, la chiamata del Cagliari.

All’Atalanta è tornato a fine carriera, al settore giovanile e poi alla Primavera, dove, nel 1998, si è giocato la finale dello scudetto. Il rendimento di Vavassori è così notevole che il club punta su di lui per la panchina della prima squadra nel 1999-2000. La Dea torna in A, centra un settimo e un nono posto. Ma la carriera di Vavassori si ferma dopo l’esonero del 2003.

Dopo, solo esperienze alla Ternana, Genoa, Avellino, Cesena e Verona, ma senza troppa gloria, scrive il Corriere dello Sport.

“Come se il suo nome dovesse rimanere per sempre legato soltanto a due bandiere, quelle di Napoli e Atalanta”.

 

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