ilNapolista

In Joker ruota tutto attorno alla frase “sono io o gli altri sono tutti pazzi”

Il nuovo film Warner Bros. Joaquim Phoenix autore di un’interpretazione tra Chaplin e Michael Jackson

In Joker ruota tutto attorno alla frase “sono io o gli altri sono tutti pazzi”

La Warner Bros manda nelle sale “Joker” – vincitore assoluto a Venezia 76 – l’ultima declinazione del personaggio della Dc Comics”, antagonista di Batman nei fumetti degli anni ’40 del 1900.

Todd Phillips  – che cura anche la regia – insieme a Scott Silver, ne fa un personaggio degli inizi degli anni 1980 in una Gotham City dove non c’è distribuzione della ricchezza e la gente è arrabbiata e c’è forte scontento sociale.

Arthur Fleck (Joaquim Phoenix) è un uomo magro e nervosamente atletico che sbarca il lunario come clown alle feste dei bambini o nelle svendite dei grandi magazzini. Vive con la madre Penny (Frances Conroy) in un appartamento fatiscente ed è uno psicotico con disturbi della personalità. L’effetto di queste patologie lo porta a ridere incessantemente quando la situazione esterna non è da lui controllabile.

Il film ruota sulla frase disvelatrice, “sono io o gli altri sono tutti pazzi”: attuazione di un pensiero poco noto di Albert Einstein. Arthur che vorrebbe fare il comico non trova ascolto in nessuno, nemmeno nei servizi sociali che sono solo dispensatori di farmaci: il risultato è che non sa se esista o meno. Pian piano, però, nel disvelamento – familiare – della causa della sua patologia prende coscienza di sé e di quello che gli gira intorno.

Si perde nel sogno di un amore con una vicina di casa; uccide, per legittima difesa, tre rampolli di una società finanziaria in metro e causa involontariamente un movimento di piazza dei diseredati contro il magnate di turno Wayne (Brett Cullen) – che la madre gli dice essere il suo vero padre – e che è il prossimo candidato alla sindacatura della città. Insomma Arthur diviene indifferente e menefreghista ad un tipo di società ‘criminofila’ e capisce che la sua vita è una commedia e non una tragedia.

Questa società lo utilizza terminalmente anche per la sua patologia del ridere: e lo battezza “Joker” incitandolo – per il tramite del comico Murray Franklin (Robert De Niro) – ad uno show televisivo. Il finale è da sabba purificatorio di una società puritana e mediatica che tutto trangugia. Arthur ha sogni di cui non interessa niente a nessuno. Phoenix è autore di un’interpretazione tra Chaplin e Michael Jackson.

 

ilnapolista © riproduzione riservata